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L'ABITO NUNZIALE NELLA TRADIZIONE CELTICA

Da sempre l'abito degli sposi è un vestito particolare, adeguato alla festa e ai tempi. Qui non si vuole dare indicazioni sulla moda o consigli alle spose, ma semplicemente riflettere sulla simbologia dell'abito indossato.

Un tempo lo scopo del matrimonio aveva poco a che vedere con l'amore, era un contratto tra le famiglie combinato in base al censo, più e meno di un affare il più possibile vantaggioso per le parti in termini economici o di prestigio sociale: se una figlia non era abbastanza graziosa lo poteva diventare con una bella dote.

Lo scopo ultimo dell'unione dei sessi era la discendenza e nei tempi antichi si trattava di un dovere sociale imprescindibile affinchè i campi fornissero abbondanti raccolti e le sorgenti sgorgassero acqua (e le usanze per assicurare la fertilità della coppia sono ancora oggi ampliamente rispettate).

Così il vestito parla della sposa ma soprattutto della sua famiglia. Anche i meno abbienti cercano di apparire al meglio per quel giorno; l'usanza un tempo era quella di farsi prestare abiti più belli dai vicini e dai parenti.

IRLANDA: IL COLORE

Il verde è il colore dell'Irlanda, ma non della sposa nel giorno delle nozze!

Nella tradizione celtica il verde è il colore delle creature dell'Altromondo notoriamente attratte dalle cose belle, specialmente le fanciulle nel giorno in cui sono più radiose, e così le belle spose potevano temere i rapimenti fatati! Anche i begli uomini sono sedotti dalle fate, ma in genere poco prima delle nozze, non il giorno stesso: quindi per l'uomo il verde è un colore largamente usato.

IL BLU

Nella mitologia irlandese, contrariamente a quanto si possa ritenere, la sovranità dell'Irlanda è rappresentata da una donna in abiti blu (così ad esempio quando Enrico VIII si dichiarò re d'Irlanda esibì sullo stemma un'arpa d'oro in campo azzurro) ed è solo con i festeggiamenti a San Patrizio (il patrono d'Irlanda) che il blu vira nel verde (continua)

SCOZIA: IL COLORE

Il tartan è un panno di lana che esisteva nei tempi antichi, la parola gaelica che lo descrive è breacan ossia “quadrettato” per alludere alla trama a scacchi propria del disegno del tartan: la lavorazione nacque originariamente nella parte montuosa della Scozia, isole comprese, e sebbene fosse indossato anche nel resto della Scozia fu solo nelle Highlands che il tartan si associò come simbolo di appartenenza ad un determinato clan. continua

 

kilt-mcgordon.jpgIl vero kilt (in gaelico philabeg) è in effetti una lunga coperta (plaid) cioè un unico, lunghissimo, pezzo di stoffa (il tartan) delle dimensioni di 65-75 cm di altezza per una lunghezza di 5 metri circa, pieghettato e drappeggiato intorno ai fianchi e poi riportato come un mantello.

Il kilt più “strutturato” e “moderno” risalente grosso modo al 1700, detto little kilt, è un tartan tagliato e sagomato con le pieghe e quindi cucito come gonnellino, separato così dal plaid vero e proprio che continua a mantenere la funzione di mantello o si riduce a una più decorativa fascia.

Per realizzarlo non sono richieste particolari abilità sartoriali e si può tranquillamente fare in casa. Anche in questo modello è necessaria l'uso di una cintura per stringere e chiudere la stoffa in vita.

 

VIDEO TUTORIAL

TUTORIAL (in italiano)

 

L'evoluzione successiva del kilt è stata l'aggiunta delle fibbie di cuoio con funzione di "cintura" per tenere ferma la gonna ai fianchi.

 

Ecco infine come si indossa un abito tradizionale scozzese: VIDEO

IL KILT CERIMONIALE

Royal_stewartOggi con il tartan si confeziona il kilt maschile, la giacca che si abbina è sempre in tartan o in velluto (è ammesso ma non dai puristi anche il tweed), ed è l’abito cerimoniale di rigore per l’uomo che veste secondo la tradizione, nei colori del proprio Clan o nel tartan scozzese nazionale (un tartan prevalentemente verde con strisce bianche e rosse), o in tartan Fiore di Scozia (verde e blu).

Curiosamente esiste anche un “tartan Italia” che è il Royal Stewart Tartan, si dice infatti che il Bonnie Prince Charlie dopo la sconfitta di Culloden concesse agli italiani l’onore di poter indossare il tartan reale scozzese poiché proprio in Italia aveva trascorso la maggior parte del suo tempo e vi aveva trovato asilo.

 

Le spose portano il tessuto scozzese come sottogonna o per lo scialle, ma anche nei corpetti o nelle bordure.

 

note.gifDAL ROSSO AL BIANCO

Nei tempi antichi, il rosso era il colore nunziale degli sposi, indossato per evocare la fertilità, fu la Regina Vittoria con il suo matrimonio in bianco a lanciare la moda ancora attuale!

 

Ma per continuare nell'analisi della simbologia legata ai colori del vestito nunziale ascoltiamoci una canzone della tradizione celtica intitolata per l'appunto "Wedding dress". Viene dai Monti Appalachi questa melodia sbarcata in America al seguito degli emigranti irlandesi; alla proposta di matrimonio del fidanzato la ragazza non risponde, ma si mette a cucire; sono quattro le possibili scelte sul tessuto: marrone, rosso, verde e bianco, così l'innamorato capisce che le nozze sono imminenti perchè la fanciulla inizia a cucire l'abito bianco. (continua)

 

acconciatura.pngL'ACCONCIATURA: TRECCIA E FIORI DI CAMPO

Punto di forza della bellezza femminile i capelli lunghi sono attorcigliati in una grossa treccia (per stimolare la fertilità) e adornati con fiori selvatici

 

Foto di Shane O'Neill per Fly away

IL BIANCO E I MERLETTI

Queen_Victoria.jpgLa moda dell'abito bianco per la sposa è stata lanciata nel 1840 con le nozze della Regina Vittoria. La giovane regina era strizzata in vita da un corpetto aderente mentre la gonna sempre in satin si apriva a campana impreziosita dalle balze in pizzo (riportato anche nello scollo e sulle maniche) e uno strascico lunghissimo.

L'acconciatura con fiori d'arancio e velo in pizzo completavano la mise.

 

Il bianco venne scelto per esaltare una lavorazione in pizzo che lei prediligeva detto pizzo Honiton, dalla cittadina inglese del Devon, che associa motivi floreali a piccole macchie e puntini su una struttura a rete.

Il pizzo fu realizzato da ben duecento ricamatrici durante sei mesi di lavoro. Una volta terminato, lo schema del telaio fu distrutto, così da renderlo unico nella storia.

 

(tratto da http://www.museocaprai.it/ita/curiosity.php)

Vittoria , con una mossa di grande intelligenza, pur conservando tutti i requisiti di una pompa solenne, sceglie un vestito completamente innovativo rispetto alle pesanti vesti nuziali di Corte, bellissimo, ma notevolmente sottotono rispetto a un cerimoniale consolidato da secoli: sarà il prototipo della prima sposa reale in bianco, coronata di fiori d’arancio, modello assolutamente non inavvicinabile per tutte le fanciulle borghesi e di buona famiglia che verranno dopo. Per anni le spose inglesi ambiranno ad avere, per il giorno del matrimonio, i fiori d’arancio provenienti dal giardino di Osborne House di Vittoria. Lo stesso varrà anche per il velo di nozze: una corta stola di pizzo Honiton (non arrivava neanche a terra), apparentemente semplice e “ripetibile” come modello, ma in realtà, insieme al vestito dello stesso merletto, frutto del lavoro selezionato, per sei mesi, di circa duecento donne, con una capo merlettaia, Jane Bidey di Beer, a cui Vittoria è talmente grata da non esitare a invitarla al matrimonio reale. Se non c’è speranza di documentazione del prezioso velo, perché Vittoria lo ha voluto con sé nella tomba, quando è morta, appena scoccato l’inizio di un nuovo secolo (1901), e i disegni sono stati distrutti, diversa sorte, anche se non molto diversa nei risultati, è toccata al vestito, smontato dalla stessa Vittoria e riutilizzato per farne vestitini per figlie e nipoti.

Nella Collezione Museale Arnaldo Caprai un reperto di grande interesse è il 3665: si tratta di piccoli frammenti di pizzo Honiton, datati 1840, inseriti in un medaglione con due foto di un militare in divisa della prima guerra mondiale, tale Ket Stevenson, e una scritta di accompagnamento che recita “…made at Beer in Devon when Queen Victoria’s wedding dress was made, inherited from a descendant of Jane Bidney…”. …Un prezioso frammento di pizzo Honiton, tanto prezioso da essere conservato, ed entrare nel lascito testamentario di Jane Bidney, cioè della capo merlettaia di Vittoria. Probabilmente è l’unico frammento che rimane dell’abito da nozze della Regina.

 

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Lavorazione al tombolo

C'E' MERLETTO E MERLETTO

Sempre dal sito del Museo Caprai leggiamo:

Il primo merletto ad ago

Mentre possiamo dire che il ricamo è sempre esistito, anche se la diffusione del ricamo in bianco è relativamente recente (dal neoclassicismo settecentesco), anche se ha avuto riferimenti tipologici molto vari nel tempo (un tempo il ricamo a colore, e con l’aggiunta di fili d’oro o d’argento, perle e pietre preziose, era appannaggio esclusivamente maschile nell’esecuzione), il merletto, con la sua origine quattrocentesca, nasce direttamente dallo sfilato.

In pratica, la ricerca di tecniche ed effetti nuovi nel ricamo, nella sperimentazione rinascimentale di nuovi linguaggi, porta ad una sfilatura sempre più accentuata fra trama ed ordito del tessuto, per avere un maggior campo di intervento poi con la riempitura a ricamo dei vuoti; fino a che si intuisce che si può creare una nuova meraviglia “dal nulla” senza bisogno di supporto. Non è casuale il fatto che il reticello rappresenti la nascita del merletto ad ago e anche il punto di passaggio dalla tecnica dello sfilato al merletto vero e proprio. Mantiene infatti le caratteristiche ortogonali del rapporto fra trama e ordito, in forme decorative che sono ancora molto geometriche, sia per la sensibilità tipica dell’iconografia del primo Rinascimento, sia per la relativa facilità con cui queste vengono ottenute. Spetterà poi al primo tipo effettivo di merletto ad ago: il punto in aria, la possibilità di creare i primi timidi motivi a fiorami e le virtuosistiche punte dei grandi colli a gorgiera, che avranno la massima diffusione tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600, costruite però intorno ad una base interna ancora di reticello.

Merletto a fuselli

BobbinLace-VictoriaSleeveDetail-NationalGeographic.jpgQuasi contemporaneamente alla tecnica “ad ago” si affiancherà poi la tecnica del merletto “a fuselli”, o “a tombolo” (lavorazione per incrocio, con più fili contemporaneamente, su una base, o cuscino, normalmente cilindrico), con forme e risultati altrettanto pregevoli ed assolutamente autonomi, ma con inevitabili sconfinamenti “di campo” tra una tipologia e l’altra, quando una delle due mostrava punte di particolare apprezzamento nella moda e nella cultura del tempo.

La lavorazione a fuselli o tombolo è un procedimento che velocizza la tecnica con l'ago; la lavorazione del merletto a Honiton era già praticata nel seicento introdotta probabilmente dai fiamminghi.

Anche l'Italia era maestra in questa tipologia di lavorazione dei filati (lino o canapa) e ancora oggi è frutto di dedizione artigianale!

La lavorazione del Pizzo Honiton è diversa dalla lavorazione del Merletto d'Irlanda: il primo si esegue con il tombolo il secondo con l'uncinetto (lavorazione a “crochet lace”).

 

(tratto da http://www.pizzoirlanda.com/v3/merletto.html)

La tecnica fu inventata verso la meta' del XIX secolo nei monasteri irlandesi, come imitazione dei merletti veneziani (a Venezia la lavorazione si eseguiva ad ago, in Irlanda ad uncinetto). Le monache la insegnarono alle donne irlandesi per aiutarle, con questo lavoro a domicilio, a salvare le loro famiglie dalla miseria, che segui' la carestia del 1846. Per qualche tempo il merletto d'Irlanda rimase un prodotto dell'industria domestica, circoscritta alle regioni di Dublino e di Belfast; ma essendosi a grado a grado esteso il suo impiego, la produzione irlandese non basto' piu' alle crescenti domande, e verso l'anno 1900 lo si introdusse nei dipartimenti dell'est della Francia, dove studiarono di farne un articolo che potesse rivaleggiare con i migliori merletti moderni. Il merletto d'Irlanda divenne un lavoro classico che resistette ai capricci della moda e la cui industria occupo' un gran numero di operaie, tanto in Francia che in Austria e Germania. In Francia subi' alcune modifiche diventando il "pizzo bretone". Intorno al 1900 fu la Casa del pizzo dell'Impero austriaco a destare l'interesse di molte donne per il pizzo d'Irlanda. In quel periodo gli elementi dei disegni diventarono piu' fantasiosi e i pizzi presero il nome di "guipure viennese" all'uncinetto

 

Dall'epoca vittoriana la tradizione inglese vuole che la sposa indossi:

Something old, something new.
Something borrowed, something blue.
And a silver sixpence in your shoe.

Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo.
Qualcosa di prestato, qualcosa di blu.
E una moneta da sei pence nella scarpa.

Il perchè della monetina è presto spiegato: è una forma di magia per attirare la ricchezza, non solo economica, ma anche felicità e gioia per tutta la sua vita coniugale.

L'ULTIMO PUNTO AL VESTITO

In Irlanda porta fortuna dare l'ultimo punto al vestito della sposa proprio il giorno del matrimonio.

 

(Cattia Salto aprile 2014)

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