Privacy Policy A TAVOLA NEL MEDIOEVO: ad convivium

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BANCHETTARE NEL MEDIOEVO E NEL RINASCIMENTO

sul modo di convitare, l’arte culinaria medievale e rinascimentale, lezioni di galateo

 

Il periodo che si intende comunemente con Medioevo racchiude 10 secoli circa di storia, che vanno dal 500 al 1400; dal punto di vista dell’alimentazione molti fattori sono intervenuti per modificare abitudini e gusti ed altrettante sono state le novità che si perfezionavano tra i fornelli.

 

Ancora prossimi agli splendori dell’antica gloria romana i primi secoli risentono tuttavia degli influssi delle genti “barbare”, celtiche, germaniche, slave e finniche che a più ondate avevano incominciato ad addentare pezzi di territorio dell’Impero. Alla cultura del grano e della vite si sovrappone quella della carne e dell’incolto, ed un grande influsso ebbe la cucina araba sul palato europeo sia nei territori conquistati (meridione d’Italia e Spagna), che in occasione delle Crociate.

 

A causa dei tempi “bui” la tradizionale coltivazione del frumento perde terreno e vengono coltivati cereali meno bisognosi di cura e più resistenti alle avversità climatiche, come orzo, avena, spelta, miglio e, soprattutto, la segale, considerata la "vera invenzione" dell'alto Medioevo.


AD CONVIVIUM

Introduzione

Inizi il Banchetto

Corte imbandita

Galateo

Gastronomia Medievale

Ricette

re-carne.jpgAI TEMPI DI CARLO MAGNO

Fu durante il regno di Carlo Magno che si definirono le prime nuove regole dello stare a tavola: si abbandonarono i triclini per la posizione seduta e le donne uscirono dai ginecei nelle quali (perlomeno quelle oneste) erano state relegate, per sedersi a tavola! I convitati erano tenuti a curare la pulizia personale e sulla tavola per volere dell’imperatore, venne stesa la tovaglia.

 

Alla "corte imbandita" di Aquisgrana si offrivano enormi piatti di pesce pescati nei vivai di corte, (l’imperatore prediligeva le anguille affogate nel Borgogna, fu ancora lui a lanciare il formaggio "erborinato" tipo gorgonzola, scoperto nell`abbazia di Saint Gall). Ma è il biografo di Carlo Magno, Eginardo, a raccontarci che il sovrano odiava i cibi lessi, e “più volentieri di ogni altra cosa” mangiava gli arrosti.

 

Nel Capitulare de villis, il più famoso dei capitolari carolingi, è elencato un nutrito elenco di piante che si dovevano coltivare nell’orto.

 

Si può concludere pertanto che nella tavola del tempo gli ortaggi convivevano in pari misura con carne e pesce, in una dieta, almeno per i ricchi, quanto mai varia.

tavola1.jpgI commensali si servivano direttamente da grandi coppe o vassoi disposti lungo la tavola e bevevano in coppe di metallo, scodelle o bricchi in terracotta o lunghi corni decorati alle estremità con fasce in oro, un eredità del mondo antico.

 

Si portava la propria porzione su una gran fetta di pane non lievitato (pitta, pizza) ancora come d’uso presso i Romani che poi, imbevuta di tutti i sughi, veniva data ai cani o ai poveri.

 

In tavola non mancava mai la saliera, che anzi era un tratto distintivo della ricchezza del nobile castellano, a forma di conchiglia o di navicella era decorata in oro e argento. Il sale, un ingrediente oggi quasi scontato in cucina perché senza il cibo perde sapore, nel medioevo era chiamato l’oro bianco e soltanto i ricchi potevano permetterselo a tavola: benché i traffici si fossero molto ridotti e si vivesse per lungo tempo in un economia chiusa, le vie del sale erano rimaste sempre aperte, data l’importanza fondamentale di questa sostanza nei processi di conservazione e anche di molte altre lavorazioni.

 

Il sale non era comunemente usato in cucina, carne e pesce si salavano, con parsimonia, solo prima di essere portati in tavola affettati o smembrati. Erano i commensali a salare poi direttamente i loro bocconi prima di mangiarli (quelli più privilegiati che si trovavano “sotto il sale” e cioè in prossimità della saliera!).

IL DUECENTO E IL TRECENTO

Il frazionamento politico dell’Italia accentuò le già notevoli differenze ambientali fra le varie regioni, nelle quali si vennero elaborando anche in cucina usanze e tradizioni culturali diverse: influssi germanici, francesi, arabi, ebraici e greci diversamente articolati e mescolati, resero la cucina italiana particolarmente varia. I trattati di cucina pubblicati in Italia e in Francia nei secoli XIV e XV, riflettono la continuazione della tradizione gastronomica romana nel mescolare i sapori, l'agro e il dolce, il dolce (miele o sostanze zuccherine) e il salato. Nuovo però è l'uso massiccio delle spezie.

servizio-tavola.jpgIN TAVOLA

Un'assicella (l'assiette, il tagliere) di legno o una larga fetta di pane al posto del piatto, qualche coppa d’argento, peltro o ceramica messa qua e là per l’uso comune, qualche saliera a forma di calice in miniatura, brocche in ceramica da acqua e da vino e grandi piatti di portata e coppette da salsa, bicchieri di vetro o boccali di ceramica per bere, coltelli personali e cucchiai per zuppe o pietanze brodose (anche se si era soliti sorbire le minestre in brodo bevendo direttamente dalla zuppiera o da una scodella usata in comune tra più commensali).

IL QUATTROCENTO

Nei testi degli scalchi e dei cuochi rinascimentali apprendiamo che cosa  e come si mangiava nell’Italia delle signorie. Le immagini di questi sontuosi banchetti ci sono state tramandate da numerosi dipinti dell’epoca. I cronisti del periodo riferiscono di sontuosi banchetti con ottocento invitati, di cavalieri con speroni d’oro che servivano al tavolo d’onore apparecchiato con vasellame d’oro e d’argento, probabilmente un topos della letteratura cortese o un omaggio alla magnificenza del Principe, ma anche la testimonianza di un evento che doveva essere ricordato per la sua spettacolarità.

 

Alla tavola dal Ghirlandaio ritroviamo tutta l’eleganza formale dell’apparecchiatura rinascimentale: ampolle di vetro dal lungo collo per meglio decantare l’aroma dei vini, graziose e tondeggianti saliere in argento finemente cesellate, una alzata di vetro trasparente dalla raffinata colorazione pavone, una manciata di ciliege sparse sulla tovaglia.

 

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