LA DANZA
NEL RINASCIMENTO pagina a cura di Giorgio Loi, Rosanna Frassà e Cattia Salto ARCHIVIO DELLE DANZE CON SCHEDE DEI PASSI (qui) I TRATTATI (qui) |
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IL
QUATTROCENTO Ad
un certo punto nella storia della danza la catena della carola si
spezza in coppie, una struttura ampiamente documentata
nell’iconografia rinascimentale è la “passeggiata”
dall’incedere processionale, nella quale sfilano le coppie
dando sfoggio dei sontuosi costumi.
Dal
Cassone Adimari di
fattura quattrocentesca ammiriamo una bassa danza che i danzatori
eseguono in coppia, con la dama sempre alla destra del
cavaliere: le coppie si muovono su un ampio spazio a
palchetto ombreggiato da tendaggi tesi tra le due facciate antistanti
della piazza e disegnano un cerchio. Durante
il Rinascimento la danza diventa un’espressione artistica e
compare il “Maestro di dançare”
una figura professionale al servizio di principi e nobili della corte:
proprio da questi “maestri di ballo” furono
elaborati e portati a sintesi elementi eterogenei di varie epoche e di
diversi popoli, trasponendo in stile aulico coreografie ispirate anche
ai balli popolari. E' con il "maestro di danza" che la danza medievale
acquista una sua tecnica ben definita di passi e movimento corporeo
(una sintesi di capacità di coordinamento del movimento e di
buone maniere) Guglielmo
Ebreo da Pesaro, rinomato maestro di
danza, arriva a sostenere che la danza è un’arte e
una scienza: "questa tal virtute
e scinzia essere di
grandissima e singulare
efficacia, et alla
umana generazione e amicissima e conservativa, sanza
la quale alcuna lieta e perfetta vita essere infra
gli uomini già mai non puote.
La virtute del danzare
è una azione dimostrativa di fuori di movimenti spirituali
li quali si ànno
a concordare colle misurate e perfette consonanze d'essa armonia". Proprio
dalla metà del XV secolo provengono le
testimonianze dei primi trattati, accompagnati da
una trasmissione scritta di coreografie, ordinate sulla musica con una
vera e propria "intavolatura" di passi (Domenico da Piacenza, Guglielmo
Ebreo da Pesaro ed Antonio Cornazano),
poi sul finire del XVI secolo, in Italia, compaiono ad opera di Marco
Fabrizio Caroso e
Cesare Negri i primi trattati a stampa. I
trattati di ballo rinascimentali comprendono anche la notazione delle melodie
che devono accompagnare una determinata coreografia:
ci troviamo finalmente nella situazione di conoscere quali passi era
previsto si eseguissero in corrispondenza di una certa musica da ballo! I PASSI I
movimenti sono suddivisi in "movimenti naturali": s sempio (passo
semplice), d dopio (passo
doppio), r reprexa
(ripresa), c continenza contrappasso m movimento (piegamento ritmico del corpo) V voltatonda
(giro completo) mezzavolta scambio e "movimenti
accidentali": frapamento (ornamento, affettazione), scorsa (trascorsa) cambiamento (scambietto). Fu Domenico
da Piacenza a operare una distinzione nelle quattro
principali misure cioè bassa danza
(a suo avviso la danza per eccellenza adatta al portamento nobile e
quindi la regina delle danze) eseguita con una tecnica che
evita i salti, a contatto con il suolo e caratterizzata da un incedere
grave e misurato e gli altri tre balli che invece richiedono i passi
saltati ovvero la quaternaria, il saltarello e la piva. E’
pertanto solo da questo periodo che ci si può avvicinare
alla danza con intento di riproposizione filologica, tutte le danze
antecedenti sono invece frutto di interpretazioni moderne. I problemi
che presenta una ricostruzione di queste sono però notevoli:
a parte difficoltà e dubbi della traduzione testuale, i
trattati sono alquanto vaghi in fatto di stile esecutivo, infatti per i
danzatori del tempo molto era dato per scontato, il resto doveva essere
insegnato dal “Maestro di dançare” Domenico
da Piacenza nel suo
De
arte saltandi descrive 22 danze di cui 18 con la notazione
musicale; dalle prime coreografie più lineari (Belriguardo, Leoncello, Belfiore) si passa ad
elaborazioni più complesse e "prospettiche" (Gelosia, Pizochara, Mercanzia, Sobria, Tessara). Le
danze adesso diventano più spiccatamente danze di
corteggiamento per gruppi di due o
per gruppi di tre (un uomo con due donne o una donna con due uomini). Ricorrente
per vivacizzare la danza è il passo di piva cioè
il passo saltellato (passo terzinato)
oltre all'uso di varie mosse e mossette anche con intenti mimici. Nella
miniatura è raffigurata una danza a tre sulla melodia di
un’arpa. Il portamento dei
giovani è maestoso e improntato all’eleganza e
alla leggiadria; molto vezzoso il tenersi per i mignoli. I tre incedono
in avanti e le donne piegano il braccio opposto mantenendo la mano in
una postura molto aggraziata. L’etichetta del tempo raccomandava alla fanciulla che danza “di non stare con gli occhi alteri, né di mirar in modo vagabondo, or qua or là, ma sia onesta e gentile; il più del tempo guardi la terra, e non porti il capo in seno, abbasso, ma il capo tenga dritto suso alla persona rispondente” |
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IL
CINQUECENTO La Moda del Tempo In
questo secolo appaiono i primi libri riprodotti a stampa, la grafica
dei testi è inoltre standardizzata, quindi diviene
più leggibile rispetto alle copie degli amanuensi, che
spesso pongono problemi di decifrazione. Il primo trattato conservato
è Il Ballarino, di Fabrizio
Caroso, stampato a Venezia nel 1581. La
prima parte del Ballarino
è interamente dedicata ai passi, che vengono dapprima
elencati in tutte le loro possibili varianti, quindi descritti e
codificati, specificando posizione e movimento dei piedi,
nonché postura del corpo. La seconda parte del trattato
è dedicata alle coreografie. In alcuni casi di esse
è chiaramente riportato l’autore, in altri
è annotato “autore incerto” oppure non
si nomina del tutto, si tratta quindi di danze più antiche
che possono quindi fornire utili indicazioni per la ricostruzione delle
coreografie dei periodi precedenti. Nonostante il testo sia molto
preciso nella descrizione dei movimenti, a volte restano dei dettagli
non chiari, e perciò esistono oggi varie interpretazioni
della stessa coreografia. Alla
fine del 500 Thoinot d’Arbeau pubblica
il suo trattato Orchesographie stampato a Parigi nel 1588 e
ancora nel 1589 a Langres,
e introduce una grossa novità, la tablatura:
a fianco del rigo musicale, posto in verticale, sono annotati i singoli
movimenti dei piedi in corrispondenza della battuta a cui si riferiscono, e a fianco ancora
vengono riassunti come passi completi. Il
Cinquecento se ancora mantiene le danze in doppio tempo lente come la pavana e il passamezzo
vede affermarsi la Gagliarda come
danza preferita: è una vivace danza ternaria e saltata di
origine italiana, il suo modulo di base è costituito da un
alternarsi di calci saltellati, ora su un piede ora
sull’altro ma è arricchito da
un’infinita varietà di “mutanze” che
inseriscono abbellimenti anche impegnativi: capriole -salti durante i
quali si incrociano le gambe, anche più di una volta-,
“fioretti”, “salti del fiocco”.
Mimando un rituale di corteggiamento, i due partner tendono a esibirsi
in queste evoluzioni più elaborate l’una dopo
l’altro, fermandosi a guardarsi a vicenda. Un'altra
danza nella quale il cavaliere mostra la propria brillante
agilità è il canario,
abbastanza veloce e ricco di variazioni, con passi battuti e strisciati
di ascendenza spagnoleggiante. Con il
successo di forme di ballo di questo genere, lo stile del XVI secolo ha
preso le distanze da quello che l’aveva preceduto: dove prima
dominavano l’estetica della leggerezza e della
soavità, si impongono ora destrezza e abilità Con la Volta si inaugura, nel
XVI secolo, la serie delle danze a coppia chiusa che rotea facendo
perno su se stessa come poi farà il valzer. La coppia tende
ad isolarsi e a intrattenersi in forme di contatto fisico (su cui i
moralisti del tempo avevamo molto da ridire) fino al sollevamento della
dama da parte del cavaliere. Non sorprende che i trattati di
demonologia presentino la volta come la danza delle streghe. Il Caroso nel 1600 pubblica Nobiltà di Dame. In esso l’elenco dei passi è
quasi raddoppiato nel numero rispetto al Ballarino,
e alcuni sono inventati e descritti ex-novo. Questo elemento permette
di datare con precisione alcuni passi e di escluderli nella
ricostruzione ipotetica di danze più antiche. Egli indica
anche precise istruzioni su come comportarsi nelle occasioni, diremmo
oggi "mondane": le regole su come fare la riverenza, rivolgersi alle
dame, togliersi la berretta, accomodare la cappa e la spada, e
così via “Ballano i Prencipi, è nel
ballare più che in altra cosa la loro gravità
mostrano, ballano i Cavalieri, e con ciò la lor leggiadria fanno vedere;
ballano, le Dame, & ecco il vero mezo
di scoprire la gratia,
che serbano in tutti i movimenti. Finalmente balla tutto il mondo, e
chi d'agilità, chi di prestezza,
chi di forza, e chi d'una, & chi d'altra cosa, ne riporta da
gli spettatori loda non picciola”. |
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COUNTRY
DANCE -CONTRADDANZE L'altro punto cardinale per chi propone danza
antica è l'inglese John Playford, che in un manuale edito nel 1651 descrive oltre
150 danze. Playford
è la prima fonte scritta per tutto il nucleo delle controdanze
inglesi, e codifica le tre forme coreografiche principali che
si trovano ancora oggi nella danza delle isole britanniche: il
cerchio di coppie con figure e scambio di partner, il
set di quattro coppie che danzano un ritornello e poi a due a due
ripetono le singole figure, il long-way, in cui ad ogni giro di danza le coppie in fila
risalgono verso la musica o scendono di un posto, cambiando via via posizione e ruolo. continua (pubblicato nel
2001 e aggiornato costantemente) |
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