LA DANZA ANTICA

IL DUECENTO-TRECENTO

La Moda del Tempo

Nell’Alto Medioevo la struttura delle danze dei nobili era ancora molto simile a quelle contadine, quale espressione particolare delle feste rituali di un popolo.
E’ però solo nei documenti trecenteschi che sono riportati alcuni termini quali saltarello, trotto, carola, farandola, estampida; oggi la ricostruzione di queste danze è lasciata alla fantasia del danzatore, tenendo presente che molte coreografie e movenze delle danze del Quattrocento riprendono e migliorano quelle del secolo precedente.

Musica e danza rispecchiano quell'ideale di bellezza e armonia che per tutto l'Umanesimo aveva contraddistinto le Corti italiane, e che affonda le sue radici nelle immagini di "buon governo" e di idealizzazione della vita sociale ed amorosa che fin dal Trecento erano stati descritti in molti modi: dagli affreschi di Ambrogio Lorenzetti nel palazzo pubblico di Siena, alle pitture da cassone, raffiguranti scene di feste, private e pubbliche, che sono una delle testimonianze più affascinanti della vita sociale del Medioevo e del Rinascimento italiano. 

Ovviamente accanto alle danze di corte (ballate dai nobili), sono sempre esistite delle danze di spettacolo, preparate per essere solo viste da dame e messeri. Non si parla più allora di danze cerimoniali del repertorio del ballo nobile, ma di danze eseguite da professionisti. La prima delle danze sceniche fu la Moresca. Popolare in Italia nel 1400, entra negli intermedi dei banchetti, nei trionfi e nelle mascherate spettacolari. In origine una danza a due, che esempla la lotta tra il campione cristiano contro quello maomettano, diventa una danza soprattutto corale, dalla musica elementare e ritmata continua

IL QUATTROCENTO

Ad un certo punto nella storia della danza la catena della farandola si spezza in coppie, una struttura ampiamente documentata nell’iconografia rinascimentale è la “passeggiata” (che si dice alla francese "promenade" dall’incedere processionale, nella quale sfilano le coppie dando sfoggio dei sontuosi costumi.
Durante il Rinascimento la danza diventa un’espressione artistica e compare il “Maestro di dançare” una figura professionale al servizio di principi e nobili della corte: proprio da questi “maestri di ballo” furono elaborati e portati a sintesi elementi eterogenei di varie epoche e di diversi popoli, trasponendo in stile aulico coreografie ispirate anche ai balli popolari.

IL CINQUECENTO

La Moda del Tempo

In questo secolo appaiono i primi libri riprodotti a stampa, la grafica dei testi è inoltre standardizzata, quindi diviene più leggibile rispetto alle copie degli amanuensi, che spesso pongono problemi di decifrazione. Il primo trattato conservato è Il Ballarino, di Fabrizio  Caroso, stampato a Venezia nel 1581.

Alla fine del 500 Thoinot d’Arbeau pubblica il suo trattato Orchesographie stampato a Parigi nel 1588 e ancora nel 1589 a Langres, e introduce una grossa novità, la tablatura: a fianco del rigo musicale, posto in verticale, sono annotati i singoli movimenti dei piedi in corrispondenza della battuta a cui si riferiscono, e a fianco ancora vengono riassunti come passi completi.

Il Cinquecento se ancora mantiene le danze in doppio tempo lente come la pavana e il passamezzo vede affermarsi la Gagliarda come danza preferita: con il successo di forme di ballo di questo genere, lo stile del XVI secolo ha preso le distanze da quello che l’aveva preceduto: dove prima dominavano l’estetica della leggerezza e della soavità, si impongono ora destrezza e abilità.

COUNTRY DANCE - CONTRADDANZE

L'altro punto cardinale per chi propone danza antica è l'inglese John Playford, che in un manuale edito nel 1651 (The English Dancing Master) descrive oltre 150 danze. Playford è la prima fonte scritta per tutto il nucleo delle controdanze inglesi, e codifica le tre forme coreografiche principali che si trovano ancora oggi nella danza delle isole britanniche: il cerchio di coppie con figure e scambio di partner, il setdi quattro coppie che danzano un ritornello e poi a due a due ripetono le singole figure, il long-way, in cui ad ogni giro di danza le coppie in fila risalgono verso la musica o scendono di un posto, cambiando via via posizione e ruolo.

LE MUSICHE DA DANZA DEL 1200-1300

La ricostruzione di movimenti e coreografie delle danze più specificamente medievali è possibile solo con l'analisi del materiale iconografico disponibile e la comparazione con le musiche da danza più antiche. (continua)
Si segnalano quelli più conosciuti e interpretati ancora ai nostri giorni

Manoscritto di Londra, (London, British Library, Additional 29987): redatto in Italia, nel sud della Toscana o in Umbria, tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XV, contiene una raccolta di "Istampitte" o "Estampide", "Saltarelli", "Trotto" e due composizioni più lunghe,  "Lamento di Tristano e Rotta", "Manfredina e Rotta della Manfredina".

Cantigas de Santa Maria di Alfonso X "El Sabio" (1221-1284), re di Castiglia e Leon, imperatore del Sacro Romano Impero dal 1257 al 1275, che contiene alcune danze popolari

Libre Vermell dell’Abbazia di Montserrat, redatto - sec. XIV che contiene alcune danze in tondo e la danza macabra, AdMortem Festinamus

Carmina Burana manoscritto della prima metà del XIII secolo rinvenuto nel 1803 nel monastero benedettino di Benediktbeuren in Alta Baviera.

I TRATTATI DI DANZA

Guglielmo Ebreo da Pesaro, rinomato maestro di danza, arriva a sostenere che la danza è un’arte e una scienza: "questa talvirtute e scinzia essere di grandissima e singulare efficacia, et alla umana generazione e amicissima e conservativa, sanza la quale alcuna lieta e perfetta vita essere infra gli uomini già mai non puote. La virtute del danzare è una azione dimostrativa di fuori di movimenti spirituali li quali si ànno a concordare colle misurate e perfette consonanze d'essa armonia".

Proprio dalla metà del XV secolo provengono le testimonianze dei primi trattati, accompagnati da una trasmissione scritta di coreografie, ordinate sulla musica con una vera e propria "intavolatura" di passi (Domenico da Piacenza, Guglielmo Ebreo da Pesaro ed Antonio Cornazzano), poi sul finire del XVI secolo, in Italia, compaiono ad opera di Marco Fabrizio Caroso e Cesare Negri i primi trattati a stampa.

I trattati di ballo rinascimentali comprendono anche la notazione delle melodie che devono accompagnare una determinata coreografia: ci troviamo finalmente nella situazione di conoscere quali passi era previsto si eseguissero in corrispondenza di una certa musica da ballo!

E’ pertanto solo da questo periodo che ci si può avvicinare alla danza con intento di riproposizione filologica, tutte le danze antecedenti sono invece frutto di interpretazioni moderne. I problemi che presenta una ricostruzione di queste sono però notevoli: a parte difficoltà e dubbi della traduzione testuale, i trattati sono alquanto vaghi in fatto di stile esecutivo, infatti per i danzatori del tempo molto era dato per scontato, il resto doveva essere insegnato dal “Maestro di dançare
 

I testi principali da cui partire sono:

Domenico da Piacenza
Piacenza, 1390 o 1400 - Ferrara, 1470 circa
Maestro di ballo e teorico della danza. Attivo alla corte di Ferrara e di Milano, ha fra gli allievi Guglielmo Ebreo da Pesaro e Antonio Cornazzano. Autore del primo trattato di coreografia, De arte saltandi et choreas ducendi 1420 circa, dal 1456 al 1470 al servizio della corte d’Este quindi si sposta a Forlì. Nel 1465 ritorna a Milano dove cura i festeggiamenti per le nozze di Eleonora d’Aragona e del duca di Bari.

De arte saltandi et choreas ducendi (De la arte di ballare et danzare): il codice è conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi (f.it 972). Sono descritte 22 danze di cui 18 con la notazione musicale; si evince l'evoluzione della danza da semplice intrattenimento della nobiltà a scienza, ad arte del movimento da praticare assiduamente. Dalle prime coreografie più lineari (Belriguardo, Leoncello, Belfiore) si passa ad elaborazioni più complesse e "prospettiche" (Gelosia, Pizochara, Mercanzia, Sobria, Tessara).


Guglielmo Ebreo da Pesaro
Pesaro ca. 1420 - dopo il 1481
Ribattezzato Giovanni Ambrosio dopo la sua conversione al cattolicesimo.
Coreografo e trattatista, allievo di Domenico da Piacenza operò non solo per diffondere la nuova arte della danza di corte, ma soprattutto per portare a compimento quel processo di sublimazione dei gesti e delle posture che sarebbe diventato il tratto distintivo della danza aulica dei due secoli seguenti. Guglielmo, infatti, fu estensore di un importante trattato dell’arte del ballo, il De pratica seu arte tripudii vulgare opusculum, che circolò presso quasi tutte le corti del tempo. Tra le varie descrizioni che vi sono contenute, si trovano la Piva e il Salterello; il Passo doppio, e la Bassa danza.

Antonio Cornazzano (Cornazano)
Piacenza. 1430 circa Ferrara. dicembre 1484.
Poeta, umanista e maestro di ballo italiano, allievo di Domenico da Piacenza. Nel 1455, in occasione del fidanzamento diIppolita d’Este con il duca di Calabria, scrive un trattato, il Libro dell'arte del danzare, diviso in due parti, in cui definisce la perfetta arte coreografica distinguendo quattro forme musicali di base e descrive analiticamente numerose danze.

Il libro dell'arte del danzare che è arrivato a noi è la seconda stesura, dichiarata dallo stesso Autore. La prima compilazione risale al 1455 (quando il Maestro aveva 24-25 anni), ed è andata perduta. Sulla data della seconda compilazione gli studiosi non hanno trovato un accordo e la data oscilla tra il 1465 e il 1490. La seconda compilazione è in pratica una rivisitazione che il Cornazano ha fatto del suo lavoro, per arricchirlo e completarlo con le ulteriori acquisizioni maturate attraverso la ricca esperienza sul campo. L'Autore stesso avrebbe potuto avere interesse a non lasciare tracce della prima stesura, considerandola superata. La prima opera era stata dedicata ad Ippolita Sforza (1445-1484) figlia di Francesco. La seconda è dedicata a Secondo Sforza, fratello naturale di Ippolita. L'opera definitiva è stata conservata nel codiceCapponiano_vaticano n. 203.


Marco Fabrizio Caroso
Sermoneta , tra il I527 e il 1535- dopo il 1605
Ballerino, teorico della danza e compositore italiano. Vive a Roma, dove esercita la professione di maestro di ballo raggiungendo grande fama. Nel 1581 pubblica a Venezia il trattato il Ballarino, riedito nel 1605 con il titolo Nobiltà di Dame. Lo scritto, suddiviso in 2 libri (teorico e breve uno, pratico ed esteso l’altro), fornisce un ampio compendio sulla danza aulica italiana, da cui si sviluppa in Francia il ballet de cour.

La prima parte del Ballarino è interamente dedicata ai passi, che vengono dapprima elencati in tutte le loro possibili varianti, quindi descritti e codificati, specificando posizione e movimento dei piedi, nonché postura del corpo. La seconda parte del trattato è dedicata alle coreografie. In alcuni casi di esse è chiaramente riportato l’autore, in altri è annotato “autore incerto” oppure non si nomina del tutto, si tratta quindi di danze più antiche che possono quindi fornire utili indicazioni per la ricostruzione delle coreografie dei periodi precedenti. Nonostante il testo sia molto preciso nella descrizione dei movimenti, a volte restano dei dettagli non chiari, e perciò esistono oggi varie interpretazioni della stessa coreografia. (qui)

Il Caroso nel 1600 pubblica Nobiltà di Dame. In esso l’elenco dei passi è quasi raddoppiato nel numero rispetto alBallarino, e alcuni sono inventati e descritti ex-novo. Questo elemento permette di datare con precisione alcuni passi e di escluderli nella ricostruzione ipotetica di danze più antiche. Egli indica anche precise istruzioni su come comportarsi nelle occasioni, diremmo oggi "mondane": le regole su come fare la riverenza, rivolgersi alle dame, togliersi la berretta, accomodare la cappa e la spada, e così via

Ballano i Prencipi, è nel ballare più che in altra cosa la loro gravità mostrano, ballano i Cavalieri, e con ciò la lor leggiadria fanno vedere; ballano, le Dame, & ecco il vero mezo di scoprire la gratia, che serbano in tutti i movimenti. Finalmente balla tutto il mondo, e chi d'agilità, chi di  prestezza, chi di forza, e chi d'una, & chi d'altra cosa, ne riporta da gli spettatori loda non picciola”.

Thoinot Arbeau 
Jehan Tabourot Digione 1520 Langres 1595
Scrittore e compositore francese. Fattosi prete nel 1530, diviene canonico a Langres nel 1574, dedicatosi allo studio dello danza. Nel 1588 scrive il trattato di Orchèsographie in cui prende in esame 50 passi di danza. Ricca di consigli e illustrazioni.

Pompeo Diobono 
Italia, prima metà del XVI secolo - Milano seconda metà del XVI secolo
Maestro di danza e ballerino italiano. Fondatore di una scuola dl ballo nobile a Milano. la più celebre dell’epoca in Europa. E’ di grande importanza per la diffusione della danza aulica italiana. Nel 1554 è invitato a Parigi e incaricato dell’educazione di Carlo duca d’Orléans, figlio di Enrico II.

Cesare Negri, detto il Trombone.
Milano. 1535 circa — dopo il 1604
Maestro di danza e ballerino italiano. Vive a Milano dove nel 1554, alla partenza per la Francia del suo maestro Pompeo Diobono, fonda una scuola di ballo. Assai attivo come coreografo in feste ufficiali e private organizzate dall’aristocrazia milanese e dalle autorità spagnole a Milano, Cremona e Genova, nel 1602 pubblica a Milano il trattato Le Gratie d’Amore, ristampato col titolo Nuove lnventioni di Balli nel 1604.

FONTI

"Storia della danza e del balletto" di Alberto Testa (parzialmente consultabile in anteprima ebook)
"Danza e buone maniere nella società dell'antico regime" di Carmela Lombardi

http://digilander.libero.it/romagnani/Storia%20pdf/seconda/La%20musica%20del%20Basso%20Medioevo.pdf
http://xoomer.virgilio.it/alessandro_corti/storia_della_musica.htm#IL_MEDIOEVO
http://www.iliesi.cnr.it/iniziative/Procopio.pdf
 

(pagina a cura di Giorgio Loi, Rosanna Frassà e Cattia Salto, pubblicata nel 2001 e aggiornata costantemente)