L’iconografia della strega nell’arte rinascimentale

di Andrea Romanazzi

Il dramma del numinoso è nel nascosto nell’invisibile o nell’inconoscibile Ignoti nulla cupido, ben raffigurato in un’antica figura pagana poi demonizzata: la strega. E’ il tema della donna come veicolo del diavolo, del resto gli autori del famigerato Malleus Maleficarum, i frati domenicani Jakob Sprenger ed Heinrich descrivevano le donne come abili tentatrici

 “sono difettose di tutte le forze, tanto dell’anima quanto del corpo; […] sembrano appartenere a una specie diversa da quella degli uomini … e in effetti come conseguenza del loro primo difetto, quello dell’intelligenza, sono più portate a rinnegare la fede; come conseguenza del secondo, e cioè delle loro inclinazioni e passioni smodate, studiano, escogitano varie vendette, sia attraverso stregonerie sia in qualunque altro modo. Non c’è quindi da stupirsi se in questo sesso c’è tanta abbondanza di streghe”.

Il Sabba e la Strega nell’arte del Demoniaco

A parte le rare illustrazioni inserite nei trattati e manuali antistregoni, è tra il 1400 e il 1700 che si diffondono le prime immagini della strega elaborate dagli artisti non per quello che avevano visto ma per ciò che avevano sentito. Nel 1949 4 donne sensuali appaiono in una incisione di Albert Durer, sarebbero meravigliose se ai loro piedi non ci fosse un temibile teschio. E’ il germe della raffigurazione di un altro tema fortemente presente, quello delle rappresentazioni del sabba.

Il fenomeno della “stregoneria” affonda le sue radici in un lontano passato quando l’uomo e la donna vivevano nell’immanenza della Grande Dea dai mille nomi, “ Inde primigenii Phryges Pessinuntiam deum matrem, hinc autocthones Attici Cecropiam Minervam, illinc fluctuantes Cyprii Paphiam Venerem, Cretes sagittiferi Dictynnam Dianam, Siculi trilingues Stygiam Proserpinam, Eleusinii vetustam deam Cererem, Iunonem alii, Bellonam alii, Hecatam isti, Rhamnusiam illi, et qui nascentis dei Solis inchoantibus inlustrantur radiis Aethiopes utrique priscaque doctrina pollentes Aegyptii caerimoniis me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem"[1] e successivamente Diana Paganorum. Caratteristiche dei rituali a lei dedicati sono le celebrazioni che si svolgevano in luoghi a lei da sempre consacrati come fonti e pietre alle quali si associavano una serie di pratiche apotropaiche per propiziare la fertilità e la procreazione e che sfociavano in veri e propri aiuti al parto da parte di queste, lentamente mutando nel tempo, perdendo la loro antica origine religiosa ma conservando il concetto in essa racchiuso. In questa ottica potremmo distinguere le “streghe” in due tipologia: le donne della “fede primitiva” sopravvissuta attraverso le tradizioni orali e successivamente nel folklore e nelle tradizioni popolari, e la strega come risultato della letteratura e dei processi di un periodo buio. Al di la di come dunque sarà dipinta successivamente esse sono ciò che resta delle antiche sacerdotesse e vestali della dea, donne legate ad antichi rituali, tramandati dalle madri alle figlie da tempo immemorabile, in una evoluzione che pian piano, da depositaria di una antica religione, di un culto primitivo di fertilità sopravvissuto nell'Europa medievale e fondato sull'adorazione di due divinità, la Grande Madre e il suo compagno il Dio, trasformerà la donna in maga e guaritrice di campagna, dimenticando il substrato religioso di provenienza ma continuando ad agire nel suo interno, nella natura.

[1] Apuleio, Metamorfosi, XI5

Tornando alla raffigurazione “artistica” di codeste donne, ecco che l’iconografia segue quello diavolo. L’aspetto esterno delle streghe doveva essere orribile, in quanto doveva rispecchiare la laidezza delle loro azioni, come le magare raffigurare da Bosch in un suo disegno presente al Louvre intente a mangiare delle salsicce dalla forma volutamente oscena.

Una particolarità che meriterebbe di esser segnalata è che mai nessun artista ha osato raffigurare una strega completamente nuda di fronte, ma sempre di profilo o di spalle, mettendo in bella mostra l’enorme e carnoso deretano come nel caso delle quattro streghe di Durer nella sua incisione del 1491 e stessa cosa dicasi per Grien.

Gaspar Isac nel suo “Abominazione degli stregoni”, raffigura un gran numero di streghe all’interno di una cucina tra pentacoli, filtri, pentolini, mucchi d’ossa e strani animali. E’ in luoghi come questi che “queste anima maledette van preparando il loro tormento mentre attizzano le fiamme che eternamente ardono”.

Il loro tormento è puramente erotico, ecco così al centro dell’opera esporsi una fanciulla  che, spogliandosi, mostra due voluttuose cosce, mentre una vecchia megera le sembra suggerirle il modo migliore per cavalcare l’equivoca priapica scopa. L’intera tavola trasuda erotismo. Ella già pensa ai lascivi piaceri che potrà avere una volta raggiunto il sabba.

Il sabba, in tutti i suoi particolari, ci è giunto attraverso l’opera di numerosissimi artisti le cui opere vanno dal XV al XVIII secolo.

Ecco così che grandi sono le raffigurazioni di Gillot, del XVIII secolo, per citare poi l’Hexensabbat di Frans Fracken del 1607 ancora il Van der Gheyn o Jakob Swanenburgh, il cui quadro è presente nel museo di Leida. Temi principali presenti nelle raffigurazioni sono la partenza per il sabba, l’arrivo, le relazioni amorose con il diavolo e le danze orgiastiche. A. J. Von Prenner nel suo Hexensabbath descrive una delle più belle immagini fine secentesche. La scena evoca i momenti orgiastico compulsavi del sabba. Una moltitudine di donne si accalcano attorno ad un misterioso pentolone vicino al quale una strega dai penduli seni scoperti aggiunge strani ingredienti ad un misterioso liquido mentre un’altra ne mescola il contenuto con la sua scopa.

E’ su questo fumo che si levan in volo le magare mentre diffondono nembi e tempeste dai loro vasi incantati, mentre sullo sfondo degli uomini fuggono impauriti mentre una casa in lontananza brucia sotto i loro sguardi. Moltissimi sono i particolari presenti nell’incisione. Appare il topos della strega a cavalcioni su Martinello, questa volta tramutato in un lupo, mentre un gatto nero, accovacciato, ghigna vicino lo scheletro di un altro animale. Nella mischi furibonda si sente quasi il fragoroso vociare delle donne che guardano, imprecano, aspettano e armeggiano le loro scope. Non manca il diavolo, ben nascosto nel gruppo, nell’atto di insegnare, indicando cenciosi fogli, i rudimenti della magia ad una donna. Egli è ben camuffato ma, all’osservatore attento, non potrai sfuggire i suoi zoccoli caprini che ben spiccano tra i piedi delle giovani e voluttuose donne (fig.1).

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Più tarda ma con le stesse emozioni è Les Sorcieres di Pastelot. Egli ancora una volta raffigura il  Sabba, il momento in cui le streghe si riuniscono, all’ombra di un albero o, come in questo caso, nei pressi di un grotta. L’acquaforte raffigura tre giovani donne dai turgidi seni scoperti, con la loro scopa stregone intente a leggere un polveroso libro tra le mani della strega più anziana, mentre, poco dietro, un’altra donna dal volto mascherato, porge una torcia per far luce mentre nell’altra mano stringe un rametto di chissà quale erba magica.

Teschi e un serpente con le fauci aperte tentano di distogliere lo sguardo  dalla lussuriosa seduzione che traspare dall’unico volto e dai seni scoperti e dalla veste lussuriosamente e voluttuosamente alzata per scoprir le nudità, mentre uno strano essere suona, un misterioso strumento musicale al chiarore della luna, ululando e cantando ad ella. E’ il momento de Les Sorcieres (fig.2).

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E’ però la partenza e l’arrivo al sabba ad ossessionare le menti degli artisti del ‘400. In realtà prima del XIII non si trova nessuna raffigurazione di questo momento, è solo dopo il XV secolo che la partenza diviene un tema piuttosto comune. 
Forse una delle più famose raffigurazioni è l’incisione, su un dipinto oramai perduto di Teniers, dell’incisore Aliamet

La scena è ambientata in un lugubre interno: in primo piano ecco una strega seduta attorno ad un tavolo intenta a preparare il mistico unguento per il volo assistita da un essere infernale con le ali di pipistrello. Il suo sguardo, perso nel vuoto, è diretto a destra, in basso, ove sono posti oggetti che probabilmente servono per un rito magico.  Ecco così raffigurato un cerchio con strani ed esoterici caratteri nel cui centro è posto un teschio umano, vicino, una clessidra, delle carte e dei dadi.

Sullo sfondo ecco una bella giovane che prende il volo mentre stringe una scopa tra le sue gambe. Ecco così, tra incubi e succubi, una magara unge la sua pupilla, nuda e a cavallo della scopa, con il magico ungento del volo, posto in un’ampolla pronunciando temibili parole "Unguento unguento, mandame ala noce de Benevento, supra acqua et supra vento, et supra omne maltempo”(fig.3)

Particolarità delle incisioni di Aliamet è che hanno un seguito, le strega che prende il volo dal camino arriva al raduno. In un paesaggio notturno illuminato dalla luna sono visibili streghe ed esseri mostruosi riuniti per il sabba. Una strana creatura tiene in mano una scopa con una candela fiammeggiante, mentre un pesce volante vi alita sopra. In primo piano ecco una magara con in mano uno strano sacco ricolmo di erbe ed una torcia. Al suono delle terribili note di un arcaico mandolino ecco un’altra donna intenta a scavare un fosso nei pressi di un enorme palo di legno ai cui piedi è posta una lucerna. Illuminato da questa strana e mistica luce una creatura fatata, forse uno spirito elementare, luminoso e dalla fluente chioma (fig.4).

Lo spaventoso fa posto alle streghe di Hans Grien sono invece più lascive e voluttuose. Ecco così che “Due matrone adipose che rimescolano il loro unguento in un vaso decorato con lettere ebraiche ed una vecchia dal seno cadente che leva il braccio in alto per scongiurare gli spiriti delle tenebre. L’albero spezzato ai cui piedi esse sono riunite ospita certamente alcuni incubi, degli spiriti malefici e dei geni. Nel cielo passano al volo caproni e alcune femmine nude attraversano nubi piene di rospi, di lampi e di pietre malefiche. Il suolo è coperto da un singolare bagaglio, le forche incrociate stanno accanto a dei crani umani ed un gatto fa riscontro ad una ampolla piena di grasso umano e le abominevoli salsicce, che già eran apparse in un quadro di Bosch, son pronte per esser consumate al banchetto”. Ancora la partenza è ben descritta, in tutta la sua ridda da Frans Fracken, presente al  Kunsthistoriches Museum di Vienna.

in fase di elaborazione

Pubblicato in “Il Labirinto”, n 14 giugno 2012 periodico telematico Circolo Culturale Tavola di Smeraldo