RITI DI PRIMAVERA |
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IL MAGGIO |
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LE
MAGGIOLATE Proseguendo
per l'Appennino ritroviamo in Emilia e in Toscana la tradizione
della questua del Maggio, quando nella notte del 30 aprile i "Maggiolanti" ovvero i "Maggiaioli" andavano ad annunciare il Maggio nelle case. Le
strutture sono simili al Cantar Maggio del Nord Italia: annuncio del
maggio, richieste di uova -simbolo di fecondità (ma anche
prosciutti e formaggio) e di buon vino, eventuali strofe di maledizioni
in caso di mancata ospitalità, oppure ringraziamenti con
tanto di benedizioni. |
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APPENNINO
BOLOGNESE ASCOLTA Gruppo Emiliano dal film Terra Madre di E. Olmi Viene di maggio che fiori' la viola
FONTI |
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IL
MAGGIO PROFANO La
canzone di maggio che si identifica nel Maggio lirico ( in contrapposizione al Maggio drammatico o
epico), così come e' giunta fino ai giorni nostri, si
presenta in due versioni (a seconda del giorno e delle
finalità per cui si canta) che danno origine al Maggio sacro
e a quello profano. Il Maggio sacro,
detto anche delle "Anime" si canta la prima domenica di maggio. Alcuni
cantanti accompagnati da suonatori di fisarmonica, chitarra e violino
vanno per le strade del paese cantando e questuando: infatti lo scopo di cantare il Maggio delle
"Anime" e' quello di raccogliere offerte per una messa in suffragio dei
defunti. Il Maggio profano, invece, detto anche delle "Ragazze", che si
svolge tra la notte del 30 aprile e il 1 maggio, ha lo scopo di propiziare la venuta della buona stagione. Anche qui un gruppo di cantori con
accompagnamento di fisarmonica, violino e chitarra, percorre le strade
del paese cantando una serenata in onore della primavera ("Ecco
il ridente maggio / ecco quel nobil mese, / che sprona ad alte imprese / i nostri cuori"). Alcune strofe particolari vengono cantate sotto
le finestre delle ragazze: si tratta dell' "Ambasciata".
Questi canti rimangono inalterati nel corso degli anni: altri versi
invece, pure essi cantati, cambiano ad ogni manifestazione; sono i "rispetti"
dedicati alle varie famiglie del paese. Da queste due forme di canzoni
di maggio, che trovano la loro origine nell'arcaica matrice dei riti di
fertilità, e' derivato il Maggio drammatico o epico, influenzato certamente anche da altre forme
drammatiche come le Sacre rappresentazioni. L'argomento del copione e'
affidato a trame fantastiche che si ispirano a volte anche a fatti
storici. Gli attori (chiamati maggianti in Toscana,maggerini in Emilia), come anche gli autori, di questa forma
di teatro popolare, sono gli abitanti (contadini, operai, artigiani,
pastori) dei paesi dell'Appennino tosco-emiliano dove gli stessi maggi vengono rappresentati. In questi paesi un tempo il
Maggio costituiva l'unica forma di spettacolo, l'unico divertimento,
che non si esauriva tuttavia nelle sole giornate della recita, ma
teneva legato l'intero paese durante tutto l'anno: le trame
più complicate, i personaggi più favolosi e
fantastici, i passaggi più belli, gli interpreti
più bravi erano motivo di conversazione nelle osterie, nelle
stalle durante le lunghe veglie invernali. (TRATTO
DA http://www.rionelapesa.it/cantamaggio.html) APPENNINO
TOSCO-EMILIANO Particolare nell'Appennino Modenese è la
tradizione del "Maggio delle Ragazze" che si svolge
ad esempio a Riolunato (ogni 3 anni). La manifestazione di cui si tratta si svolge a Riolunato in due momenti: uno durante tutta la notte compresa fra il 30 aprile e il 1° maggio; l'altro, di solito, nella seconda domenica di maggio. I giovani maschi e gli uomini del paese, cantano ad ogni famiglia un sonetto augurale chiamato "rispetto", accompagnati da strumenti a corda (chitarra, violino e mandolino), da lampade per illuminare la notte e da abbondanti libagioni. Successivamente ogni famiglia del paese ode, sotto le proprie finestre, il canto del rispetto dedicatele e per tutta la notte fino al mattino il paese risuona dei canti benaugurali dei "maggiolanti". Piacevole caratteristica di questa prima fase del Maggio è "l'ambasciata", che può essere definita, per la verità assai prosasticamente, come una dichiarazione d'amore per interposta persona. Commissionata dall'innamorato desideroso di dichiararsi alla sua bella, viene cantata da uno dei "maggiolanti" dinanzi alla finestra chiusa della ragazza. L'altra parte della festa ha luogo nella seconda domenica di maggio ed ha inizio nel corso della mattinata con la raccolta dei doni offerti da ogni famiglia. La festa prosegue durante il pomeriggio con la sfilata di uomini e donne nei costumi tradizionali, al termine della quale viene allestito un banchetto. (Tratto da Eventi Riolunato) ASCOLTA IL
MAGGIO DELLE RAGAZZE inno
alla vita e alla primavera, il cui testo si fa risalire al cantastorie
Giulio Cesare Croce (1550-1609), che raccontò in poesia la
vita delle classi popolari emiliane; il canto riprende questo stile
antico rielaborato in chiave popolare e viene sostenuto da un gruppo
tradizionalmente formato da strumenti a corda con violino, mandolini e
chitarre. Il canto qui proposto si trova sia in Toscana, nella Garfagnana, che in Emilia aRiolunato,
sull'Appennino modenese. |
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I
MAGGIAIOLI TOSCANA Una
tradizione che si rinnova in molte zone della Toscana, tra rime in ottava e sfide all’ultimo stornello che nelle
campagne toscane si ripete da secoli nella notte tra il 30 aprile e il
1° maggio, quando gruppi di ragazzi e ragazze vanno di casa in
casa a cantar maggio, annunciando l’arrivo della bella
stagione. I maggiaioli, o maggerini, è gente allegra, colorata. Indossano
cappelli e fiori di carta, chitarra a tracolla e fisarmonica alla mano. La squadra è capitanata dal poeta, al quale spetta il compito di
“improvvisare” la richiesta di permesso ai padroni
di casa, rigorosamente in ottava rima, così come il
ringraziamento al momento del saluto. Altre
due figure si distinguono dal coro: l’alberaio – che porta l’albero, simbolo
della natura che si risveglia, solitamente rappresentato da una pianta
di alloro decorata con i fiori – e il corbellaio, colui che porta il cesto (un corbello) nel quale
si raccolgono le eventuali offerte. Proprio
in base a come vengono accolti, i maggiaioli intonano il loro canto, di buon auspicio o di mala
sorte se al panier l’ovo portate pregherem per le galline che da volpi e da faine non vi siano
molestate – Ma
se il contadino non offre nulla… v’entrasse la volpe nel pollaio e vi
mangiasse tutte le galline v’entrassero i topi nel granaio e
vi muffisse il vin nelle cantine.... – (TRATTO
DA http://www.rionelapesa.it/cantamaggio.html) APPROFONDIMENTI Nella
Toscana rurale di un tempo non era difficile imbattersi in qualcuno che
avesse il dono naturale di "cantare a braccio", o "cantare di poesia"
per usare un'espressione più comune in Toscana, che fosse
cioè capace di improvvisare canti su argomenti suggeriti
solo qualche minuto prima, producendo nei casi più felici
vere e proprie poesie cantate. Fino agli anni Sessanta si usava
distinguere fra il "Cantar di scrittura" e il"Cantar di
bernesco", ossia fra il cimentarsi nel canto su storie
scritte da altri autori e la vera e propria improvvisazione dei temi continua |
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MONTAGNA
PISTOIESE Nella
notte tra il 30 Aprile e il 1° Maggio i Maggerini portano un grosso ramo d'ontano di casa in casa e
cantano il Maggio: sul ramo sono appesi i doni dati nelle case. Attorno
alla pianta si tenevano danze e l'elezione della reginetta del Maggio. Alla fine del percorso questo ramo, a seconda dei
luoghi, poteva venire issato per diventare il palo della cuccagna. MAREMMA
GROSSETANA Tratto da Archivio delle Tradizioni Popolari della Maremma Grossetana VEDI Nella
notte fra il 30 aprile e il 1 maggio è ancor oggi viva, in
molte zone della Maremma grossetana, la tradizione del canto
cerimoniale di questua che affonda le proprie radici in antichi riti
agrari e di passaggio delle stagioni Fra
le varie consuetudini del "Maggio" nel territorio grossetano troviamo: A Santa Fiora (Gr), su Monte Amiata, il primo maggio si innalza l’albero del
Maggio. L’albero del Maggio ha anche una tradizione
fortemente politica, allacciata alla festa dei lavoratori: nella notte
tra il 30 aprile e il primo maggio, infatti, un abete alto
più di 20 metri viene issato nella piazza principale di Santa Fiora, i rami e la corteccia tagliati, una bandiera
rossa sventolante in cima. Intorno all’albero
tradizionalmente si cantava, danzava e beveva (oggi si preferisce farlo
fare a musicisti professionisti), in ricordo delle feste della bella
stagione. (GT) Le
Maggiolate canore sono comunque le più diffuse nel
territorio grossetano e divengono, pur nella naturale trasformazione di
significato, un importante riferimento alle radici contadine ed operaie
di molti abitanti della Maremma. -
La rappresentazione del "Maggio Sacro" o delle "Anime Sante del
Purgatorio" presente nella zona dei Marrucheti (Campagnatico) su cui Roberto Ferretti pubblicò un
proprio studio (in "Bollettino della Società Storica
Maremmana" consente di cogliere la considerevole circolazione di
materiali canori trasmessi oralmente fra le varie zone dell'Appennino
Tosco Emiliano e la Maremma. Un testo analogo infatti lo troviamo nella
zona di Montepiano Va detto che questa fu l'unica manifestazione del
Maggio autorizzata in Maremma dal regime fascista. -
Maggio Serenata dedicato specificatamente alle ragazze. Usanza presente
nella Valle dell'Albegna ripresa saltuariamente da qualche gruppo di maggiaioli. La sua funzione è la stessa della
serenata fatta dai giovanotti alle ragazze. Venendo meno l'uso della
serenata si è ridotto notevolmente anche questa
rappresentazione del maggio. -
Maggio di Pietro Gori: titolo originale "Alba di Maggio", viene cantato
sull'aria del Nabucco di Giuseppe Verdi (Và pensiero).
È presente nella zona di Sassofortino (Roccastrada) ed è stato proposto come testo del
maggio dal secondo dopoguerra (1946-47). Il testo, scritto da Pietro Gori, è comparso nei primi anni del '900 su
canzonieri e fogli volanti (Canzoniere dei ribelli, La Spezia 1908) ed
appartiene al patrimonio delle canzoni anarchiche. In questo testo i
temi trattati sono politici e sociali e vi si parla, forse per la prima
volta, del Maggio come "dolce Pasqua dei lavoratori". -
Maggio di Civitella Marittima: il testo, che ancora si canta, risale
alla metà del XVIII sec. Ha una modulazione musicale che
richiama il canto gregoriano ed il gruppo della zona ripropone tutti
gli anni lo stesso brano tramandato oralmente. Nella squadra deimaggiaioli non vengono usati particolari travestimenti o
abbellimenti, viene invece portato un albero di alloro del quale si
lascia un ramoscello in segno di augurio alla famiglia visitata. -
Maggio lirico o Maggio vecchio: diffuso nell'area delle Colline
Metallifere viene eseguito con un rituale nel quale grande importanza
viene data alla poesia estemporanea sia con il poeta che richiede il
"permesso" sia con le figure dell'alberaio e del corbellaio che intervengono dopo l'esecuzione della melodia
del maggio, cantando alcune ottave cerimoniali. Il testo poetico del
maggio viene riscritto ogni anno da qualche poeta rinnovando l'usanza
ed inserendo, oltre ai temi tradizionali, anche argomenti di
attualità. Un testo del 1896 scritto dal poeta Ireneo Pimpinelli (1882 - ….) di Boccheggiano (Montieri) è pubblicato in "Poesie popolari"
dallo stesso autore, stampato a Massa M.ma nel 1956. A proposito di questa usanza si segnala
il libro "QUINTO PAROLI - poeta del Maggio" a cura di R. Fidanzi,
Grosseto,1994. -
Maggio allegro: questo tipo di maggio, composto in terzine,
è il più diffuso nel grossetano ed è
quello che più si presta alla continua innovazione tematica.
I contenuti spaziano dai temi tradizionali a quelli
dell'attualità e della politica. Nel libro riproponiamo un
testo di Morbello Vergari scritto per il Maggio 1974. Morbello introduce in un suo testo del 1951 la tematica del
maggio come festa dei lavoratori che da allora diventa argomento comune
dei Maggi. Una notevole produzione di maggi è stata realizzata dal poeta
estemporaneo Francesco Benelli di Magliano in Toscana che, oltre a testi tradizionali, scritti
per alcune squadre, dagli anni '80 si è cimentato nella
scrittura di maggi legati all'attualità e alla politica. -
Maggio dell'Olmini - questo testo usato dalla squadra dell'Olmini (comune di Roccastrada) eseguito alla maniera dei montagnoli dell'Amiata con il tipico "canto a bei", è stato
introdotto per la prima volta nel 1981 da Nando Macchi (nato a Montelaterone nel 1929 scomparso nel 1994) un agricoltore vissuto
nella campagna di Roccastrada che ha saputo mantenere e tramandare le tradizioni
della sua zona di origine con straordinaria passione. Il testo
letterario riproposto sull'aria della canzone "L'Elisa di Santino"
venne composto dal poeta Sergio Lampis, un minatore di Ribolla. |
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MARCHE Quando
nasceva un primogenito era tradizione marchigiana quella di piantare un
albero: la tradizione dell'albero della vita è rituale in gran parte d'Europa. Uso
particolare di alcune zone del Fabrianese (Rucce, Viacce, Perticano), della zona diGenga e del Sassoferratese (Coldellanoce), dell'Arceviese, fino a raggiungere la zona di Pergola,
è quello di piantare in questa occasione il maggio. Gli
amici degli sposi si ritrovano un pomeriggio alla ricerca di un albero,
il pioppo, il più alto possibile. Una volta individuato
l'albero viene abbattuto, senza chiedere il permesso al proprietario,
perche e ritenuto disdicevole e malaugurante negare l'abbattimento, poi trascinato davanti alla
casa dei neo genitori. L'albero viene scorzato tranne che nella punta.
Sulla sua cima viene collocata una bandiera tricolore (orgoglio), una
corona d'alloro (comando e gloria), uno schioppo (fedeltà e
coraggio), una bottiglia di vino o di spumante (virilità del
neonato). Viene quindi preparata una buca dove l'albero
verrà ancorato e innalzato. I genitori offrono spuntini,
dolci e vino a tutti i presenti. I più anziani, ma spesso
anche i più giovani, si improvvisano canterini al suono di
una fisarmonica o di un organetto e cantano stornelli in onore del
bambino. Per
la nascita di una bambina, invece, si pianta una conocchia, una pianta
piccola fatta appunto a forma di conocchia. Nel Sassoferratese, per la nascita delle bambine piantano la salce buga cioè un gelso dentro vuoto; in pratica
solo la corteccia. La festa che i genitori poi fanno con gli amici,
dura fino a tarda notte tra balli e canti (GT) A Morro d’Alba (An) è tradizione la Festa del Cantarmaggio curato del Centro Tradizioni Popolari e da la
Macina, con lo specifico intento di non far scomparire una tradizione
secolare, chiamando a raccolta da tutte le Marche e dalle regioni
limitrofe i più autentici portatori della tradizione. La
fine dei festeggiamenti concentrati a metà del mese
è conclusa con il rituale Rogo in piazza
dell’albero del maggio. L’albero viene
“piantato” verso la meta di maggio e viene bruciato alla fine
del mese. Il ”maggio”prima di essere trasportato viene adornato di fiori
e di nastri multicolori dai bambini e dopo viene portato in corteo per
tutto il paese, accompagnato dal canto e dal suono di numerosi
suonatori e cantori popolari. (GT) A Porchia di Montalto Marche il piantare il maggio ha un connotato politico
abbinato alla festa popolare del 1° Maggio, festa dei
lavoratori. Sotto il fascismo, che abolì la festa dei
lavoratori, si interruppe questa tradizione nel 1923, ma si riprese
dopo la fine della 2^ Guerra mondiale, nel 1945. Nel tardo pomeriggio
del 30 aprile, un gruppo di giovani, si reca nei boschi e sceglie un
pioppo, il più alto e il più robusto, dritto e
sano. Viene abbattuto e caricato su un carro. II taglio della pianta
è fatto senza chiedere il permesso al proprietario, poichè questi non può rifiutarlo, perche
ciò gli “procurerebbe disgrazie”.
L'albero viene privato della corteccia e dei rami più bassi,
si lasciano solo alcuni rami alla cima. Prima di innalzare il pioppo,
viene collocata sulla parte alta una bandiera rossa, simbolo dei
lavoratori. Negli ultimi anni anche le donne partecipano autonomamente
alla festa, piantando un pioppo più piccolo. (GT) |
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IL
PALO INTRECCIATO ABRUZZO A Sant'Omero Val Vibrata (Te) la sera della vigilia del 1 maggio viene issato,
nella piazza del paese, un pioppo, tagliato furtivamente sul greto del
fiume Vibrata, cui si attribuisce oltre ad una valenza naturalistica
anche la funzione celebrativa della festa dei lavoratori. In
diversi paesi della Val Vibrata, prima dell'alba, un gruppo di uomini
sistema in una buca scavata in una piazza del paese un pioppo abbattuto
in un boschetto vicino, l'albero conserva le foglie e la corteccia.
L'uso e documentato a Nereto, Sant’Omero, Poggio Morella, Bellante, Mosciano, Villa rosa di Martinsicuro, Corropoli. (GT) Tornimparte (AQ)-
la notte del 30 aprile i giovani vanno a tagliare un albero alto oltre
anche 30 m e di notte viene trasportato a spalla fino alla piazza
principale. All’alba
si suonano le campane a festa. Tutto il paese accorre in piazza ed
esprime commenti e giudizi sul ju calende o calenne. Il tronco rimarrà in piazza fino al 30
maggio quando viene tagliato in tanti pezzi per essere venduto
all’asta e così contribuire alle spese per la
festa di sant’Antonio del giglio. Anche nella frazione di
Colle Sassa e nella frazione di Foce di Sassa c’è un analogo rito (GT) |
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LAZIO A Pastena (FR) il 1° aprile il "Mastro di festa", un
capofamiglia che sovraintende a tutte le operazioni del maggio libera
per i campi una giovenca segnata con una croce sulla fronte. Essa
può andare ovunque e fare qualsiasi cosa. E’
sacra. Il 15 aprile una commissione di anziani sceglie tra i boschi la
pianta destinata a diventare il maggio. E’ un cipresso,
qualche volta un cerro o un castagno, ma sempre alto e dritto. Il suo
padrone non può rifiutarsi. L’albero viene segnato
con un segno di croce. Di solito la commissione ne indica anche un
altro di riserva, da tagliare qualora il primo si spezzi o si danneggi
durante l’abbattimento. All’alba del 30 aprile gli
uomini del paese si dirigono sul luogo dove si trova la pianta segnata
(un tempo i partecipanti raggiungevano le 400 persone, in questi ultimi
anni si sono ridotti a circa 150). Il
Mastro intanto cattura la giovenca, la riveste di drappi rossi e la
segna con la croce, guidandola ai margini del bosco ove si trova la
pianta. Verso le sette il prete recita sotto l’albero alcune
litanie che hanno sostituito l’orazione di "Zi Peppe" (tramandatasi oralmente ed ora andata
perduta con la sua morte). Si può iniziare a tagliare. Dopo
il Mastro, tutti gli altri, ad uno ad uno danno i loro colpi
d’ascia per l’abbattimento della pianta. Spari di
fucile salutano finalmente la caduta della pianta, la quale, una volta
a terra viene ripulita dei rami e di parte della corteccia. Appena
fuori dal bosco, sulla strada, sono ad attendere le coppie di buoi. Un
tempo se ne contavano anche 120, ora sono presenti in 15. Ad esse, a
turno, secondo quanto determinato con la conta tra i bovari, viene
agganciato il tronco con robuste catene ed il corteo prosegue
allegramente verso il paese, preceduto dalla giovenca. Le
azioni nel bosco vedono l’esclusiva partecipazione degli
uomini. Il mezzogiorno del 30 il corteo procede con brevi soste tra
grida e spari. Da qualunque zona venga tagliato, il tronco
però a mezzogiorno deve arrivare alla curva di
Sant’Antonio presso il cimitero, per una sosta in cui vengono
offerti panini e vino. Esso inoltre deve sempre attraversare la piana,
non può entrare direttamente nel paese. Quando il corteo
degli uomini con il tronco trainato dai buoi lambisce il cimitero di Pastena e qui, in questo gesto altamente simbolico che la
comunità rinnova non solo il suo legame spirituale con le
generazioni che l’hanno preceduta, ma cerca di fondere il suo
rito nella tradizione. Al
mattino del 1° maggio il tronco dell’albero, reso
liscio per il tormentato cammino del giorno precedente, giace nella
piazza. Poi viene predisposta la buca, profonda un metro e mezzo, e
viene levigato definitivamente con le asce. Sul ciuffo di rametti che e
rimasto alla sua estremità viene unito un piccolo fascio di
fronde di ginestra (fiori di maggio), ed una croce di legno. Altri
predispongono le funi e incrociano pali di legno per sollevarlo. Tutti
insieme nell’ultimo sforzo e l’albero viene eretto
sulla piazza. La sua altezza può raggiungere dai 14 ai 22
metri ed il diametro oscilla fra 110 e 120 cm. Ancora spari di fucile
salutano l’evento. Poi tutti a pranzo. La vitella macellata
in giornata e distribuita dal mastro di festa. Nel
pomeriggio del 3 maggio il tronco viene cosparso di grasso ed olio
bruciato. Un tempo la miscela oleosa era preparata con fichi d'India,
sapone e brodo. Squadre di giovani, muniti di pezze di stoffa e di
cenere, si provano uno dopo l'altro a salirlo. Vince
chi raggiunge l'estremità dove sono collocate le ciambelle e
gli altri doni. In serata durante la messa del " Possesso" il "Mastro
di festa" con la cerimonia dello scambio delle candele, passa il
testimone a colui che lo sostituirà l'anno seguente. La
festa continua in serata con musica e balli. Fino ai primi di settembre
l'albero resta alto nella piazza, poi apparterrà di nuovo al
suo padrone che ne disporrà a piacimento. (GT) |
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IL MAGGIO A cura di Cattia Salto (aprile 2013) FONTI L'uomo
e gli alberi, i rituali del Palo di Gabriele Tardio (siglato con GT) |