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RITI DI PRIMAVERA

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IL MAGGIO

Le ipotesi che vengono date al significato del nome ‘Maggio’ sono state molte: alcuni sostengono che tale termine significhi ‘alto albero, altri affermano che prenda il nome dal mese maggio (durante il quale molto spesso si celebra la festa), altri ancora da ‘major’, albero più grande.

Il Toschi preferisce: ≪Maggio e la festa della fecondazione arborea e quindi dedicata alla dea Maja, quella di maggio esprime, in originali forme di bellezza, l’anelito della moltitudine a che la nostra terra sia sempre ferace: una delle più antiche e venerate divinità laziali che personificava il rigerminare della vegetazione al ritorno della primavera, e la fertilità della terra in maggio≫. La dea Maja darebbe il nome: “Majo”, Maggio.

Il Frazer, nel dare la sua interpretazione sintetica, spiega che questa usanza mirava a portare nel paese e nella propria casa “lo spirito fecondatore della vegetazione, risvegliatosi con la primavera”; solo in un secondo momento diventa ‘centro’ di divertimenti festivi.

Manhanardt, a cui il Frazer fece riferimento, vede nell’albero del maggio lo spirito della vegetazione e rileva che “la processione di questi rappresentanti della divinità si supponeva producesse sulle galline, sugli alberi da frutta e sopra il raccolto gli stessi benefici effetti della presenza della divinità stessa”.

 

Simili letture ci aiuterebbero a comprendere che “le feste attuali, pur mutate nel significato e nella funzione, hanno stratificazioni remote, e molto verosimilmente possono essere fatte risalire ai miti e ai riti agrari delle antiche popolazioni contadine”.

Nelle cerimonie e nei culti arborei degli ultimi secoli al tema del rinnovamento della natura si associava il concetto di franchigia-libertà, la festa celebrava anche la liberazione da pesi, tutele, obblighi e limitazioni feudali di vario genere.

Il popolo nella festa celebrava, con il possesso dell’albero, i cambiamenti di vita particolarmente importanti per la comunità.

 

Alle precedenti ipotesi bisogna anche collegare il mito popolare del Paese della Cuccagna: il mito di questo luogo, in cui si può mangiare, bere, avere anche il superfluo senza lavorare, diviene una specie di rappresentazione fisica, tangibile e piacevole del paradiso terrestre. L’albero della Cuccagna, per certi aspetti, rigenera i temi dell’albero di maggio, arricchendoli e trasformandoli dal punto di vista dell’utopia, della conquista del ‘ben vivere’. (tratto da GT)

RITO ARBOREO

Così A. Romanazzi in "La tradizione del maggio e il culto arboreo" argomenta:

"Per capire cosa si nasconde realmente dietro questa tradizione dobbiamo esaminare le caratteristiche essenziali della festa. In realtà data la sua notevole diffusione vi sono diversità peculiari per ogni luogo, il Frazer nel suo libro "Il ramo d’oro" descrive tantissime tradizioni europee, narra che usanza più diffusa era quella di portare al villaggio un enorme albero per poi adornarlo con i frutti della terra, animali e piante, come ringraziamento alla divinità ma anche come gesto basato sul concetto di Magia Simpatica molto caro al contadino per il quale .il simile produce il simile. L’esporre frutti e vivande altro non era cosi che un modo per propiziare fertilità e abbondanza.

Queste tradizioni molto antiche e sicuramente derivanti dall’area nordico celtica ove il culto arboreo era molto diffuso, le troviamo anche nelle tradizioni romane, nei Floralia che si tenevano durante le Calende di Maggio, quando, dopo canti e balli, si propiziava l’abbondanza con rituali a sfondo orgiastico, usanze che ancora ritroviamo nell’Inghilterra del 1500 e che tanto facevano scandalizzare i Puritani.

Altra tradizione, sempre in tema d’accoppiamento era poi la presenza di un Re e una Regina del Maggio, idea sicuramente successiva a quella arborea ma che ben ricorda i rituali di accoppiamento che si tenevano in quei periodi.

 

Successivamente, con l’avvento del Cristianesimo, questi rituali, dopo un iniziale condanna per il loro richiamo pagano a causa del loro forte radicamento nella tradizione popolare, furono trasformati e legati ai Santi della nuova religione come al San Jack in Green inglese o al San Giorgio, definito il verde.

Nascono cosi leggende su santi come San Waast o il Beato Giacomo che, piantando il loro bastone nel terreno lo avevano trasformato in un grande albero, un modo per rendere cristiani luoghi e culti pagani.

 

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ANALISI

All’inizio la divinità e vista e concepita come immanente, essa permea tutto ciò che circonda il selvaggio e dunque essa e anche dendromorfo, in una visione fortemente animista la vegetazione, l’animale, il cielo, sono espressione della divinità. Successivamente una nuova idea si fa largo nella mente del primitivo, l’albero non viene più visto come divinità ma come sua dimora, lo spirito arboreo invece di essere considerato l’anima di ogni albero, diventa la divinità della foresta, si passa cosi da una fase animista ad una politeista. In questo modo l’usanza di tagliare e trasportare al villaggio un albero e un modo per portare nella propria dimora una parte dello spirito che ivi risiede e di farlo diffondere tra la gente assicurando fertilità e prosperità.

In seguito allo spirito arboreo viene associato un aspetto antropico, anche a causa della semplicità da parte del selvaggio di associare ad una divinità sembianze umane. Iniziano cosi a nascere figure di divinità silvane quali Priapo e Pan, spesso rappresentati con un volto umano e con attributi agresti, come il bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare gli alberi e sulla testa foglie d’alloro e spesso con un enorme fallo, o come nel caso di Pan, addirittura dotato di uno doppio, simbolo proprio della sua natura vivificatrice e fecondatrice. Da questa successiva rappresentazione antropomorfa nascono una serie di tradizioni ancora oggi espletate durante le feste del Maggio, cosi lo spirito silvano viene personificato Brigit-wheat-doll.jpganche da bambole e pupazzi che vengono posti vicino alla vegetazione o arsi negli stessi falò non con la successiva idea cristiana di purificazione dal male, ma per quella insita nel concetto di divinità della natura che muore per poter rinascere.

 

L’evoluzione della antropizzazione dello spirito arboreo però prosegue e da fantoccio di paglia, simulacro del dio, acquista vere e proprie sembianze umane. Da qui nascono le tradizioni che parlano di padre o di re e regina del Maggio - con gare che si compivano durante le feste, tipo l’arrampicata sull’albero della cuccagna, per designare il sovrano dei Maggi, o ancora l’usanza di fanciulle vestite a festa, proprio a rappresentare la cima, che giravan tra le case a propiziare il nuovo avvento della prosperità.

In realtà la figura dello spirito silvano e ancora molto astratta come si può notare dalle genericità dei nomi come il re del Maggio. E cosi, con l’avvento della religione

Cristiana, l’evoluzione della divinità arborea e soggetta ad un’ultima evoluzione che porterà ad una ben precisa individuazione della stessa.

 

La difficoltà da parte degli esponenti della Chiesa di allontanare le popolazioni contadine da questi rituali pagani costrinse gli stessi ad "inglobare" queste tradizioni e ad integrarle nelle nuova religione, ecco cosi che da nomi e cariche astratte lo spirito silvano diventa il Santo cristiano, il San Giorgio Verde degli slavi, il San Giuliano di Acettura o il San Pellegrino di Perugina, nomi differenti per celare quello che ancora oggi queste tradizioni nascondono:il culto degli alberi e dello spirito arboreo."(A. Romanazzi)


Bibliografia:
J.Frazer: “Il Ramo d’Oro”  Bolati-Boringhieri
A.Romanazzi: “La Dea Madre e il culto Betilico: Antiche conoscenze tra mito e folklore”  Levante Editore Feb.2003
A.Romanazzi: L’albero di natale, antichi retaggi di culti pagani, L’Altra Scienza (Dic/Gen 2001) Sibilla Editore
A.Romanazzi: “Festività natalizie, tradizione cristiana o mitologia celtica” Hicarus, le ali del mistero (Dic 2002)
FONTI
L'uomo e gli alberi, i rituali del Palo di Gabriele
 Tardio (siglato con GT)
La tradizione del maggio e il culto arboreo di A. Romanazzi

 

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