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RICETTE DAL MEDIOEVO
Carne
Entremets
Salse
Dolci
Bevande
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LE CARNI
La
carne era l’alimento preferito dai nobili. La caccia offriva:
cinghiali, lepri, caprioli, cervi, daini, scoiattoli, pernici, fagiani,
quaglie, starne, gru, aironi, tordi, passeri, usignoli, astori,
girifalchi, faraone e pappagalli. Sulla tavola del ricco anche la carne
degli animali d’allevamento quali oche, galline, galletti,
pavoni e capponi, conigli, capretti, pecore e agnelli e il maiale dal
quale si ricavavano le carni insaccate, lonze, prosciutti, salami e
salcicce.
Maialino da latte ripieno
Ménagier de Paris
(1300)
Ricetta tratta dal volume
A tavola nel Medioevo, edito da Laterza. La versione della ricetta
è quella “aggiornata”, che gli autori, Odile Redon,
Francoise Sabban e Silvano Serventi,
propongono accanto a quella originale, tratta dal ricettario del Mènagier de Paris, summa domestica scritta,
verso la fine del XIV secolo, da un anonimo autore francese per la
giovane moglie.
In http://www.pbm.com/~lindahl/menagier/
tutto il testo originale
POURCELET FARCI. Le pourcelet
tué et acouré
par la gorge soit eschaudé
en eaue boulant, puis
pelé: puis prenez de la char meigre
de porc, et ostez le
gras et les issues du pourcelet
et mettez cuire en l'eaue,
et prenez vint oeufs et
les cuisiez durs, et des chastaingnes
cuites en l'eaue et
pelées: puis prenez les moyeux des oeufs,
chastaingnes,
fin fromage vieil, et char d'un cuissot de porc cuit, et en hachez,
puis broyez avec du saffran
et pouldre de gingembre
grant foison
entremellée
parmy la
char; et se vostre char
revient trop dure, si l'alaiez
de moyeux d'oeufs. Et ne
fendez pas vostre
cochon parmy le ventre,
mais parmy le cousté le plus petit
trou que vous pourrez: puis le mettez en broche, et après
boutez vostre farce
dedans, et recousez à une grosse aguille; et soit mengié ou au poivre
jaunet se c'est en yver,
ou à la cameline se c'est en esté
Ingredienti: un maialino
da latte svuotato con le sue interiora e tenute da parte, una grossa
lombata di maiale, del prosciutto cotto e una cinquantina di castagne
bollite, due dozzine di uova, parmigiano grattugiato, zenzero e
zafferano, sale (le quantità degli ingredienti del ripieno
sono a discrezione, circa 500 gr di prosciutto e 400 gr di parmigiano)
Lessare la lombata con le
interiora in acqua salata, avendo l'accortezza di togliere il fegato
appena cotto (20 minuti circa). Preparare il ripieno per il maialino:
lombata e interiora ben pestate (oggi abbiamo i frullatori per
l'occorrenza), amalgamare il prosciutto tritato, il parmigiano, una
ventina di tuorli sodi e le castagne (tuorli e castagne prima
schiacciati con una forchetta), per un ripieno meno sodo aggiungere dei
tuorli crudi, salare e unire le spezie. Salare l'interno del maialino
ben asciugato, riempire e ricucire. Posizionare il maialino in una
grossa pirofila con le zampe ripiegate sotto il corpo e le orecchie
avvolte in un foglio di alluminio per non farle bruciare e infornare a
200 gradi per circa tre ore.
Da accompagnare con la salsa
camellina
se d’estate o con la salsa
gialla se d’inverno
Per aconciare
bene una porchetta
“De arte coquinaria” del
Maestro De Martino da Como (1300)
Il Maestro Martino da
Como visse tra i primissimi anni del Quattrocento e l‘ultimo
quarto del secolo XV. Nato a Como apprese la sua arte probabilmente in
una cucina monacale, per poi giungere a Udine al seguito di qualche
prelato; prosegui poi alla volta di Roma. A Roma Maestro Martino aveva
raggiunto la fama per la sua arte e frequentava l’ambiente
intellettuale della città. Nel 1467 il suo libro “Liber De Arte Coquinaria” ha sul
frontespizio la dicitura: “Composto per lo egregio Maestro
Martino Coquo olim del Reverendissimo
Monsignor Camorlengo et patriarcha
de Aquileia”.
Era apprezzato dal celebre umanista Bartolomeo Sacchi detto il Platina
che frequentandolo nella città di Roma, decise di realizzare
dai suoi insegnamenti un suo libro: “De Honesta Voluptate
et
Valetudine” dove l’autore scrisse anche ricette del
Maestro in lingua latina.
Fa’ in prima che sia ben
pelata in modo che sia biancha
et netta. Et poi fendila per lo deritto de la schina et
caccia fora le interiori et
lavala molto bene. Et dapoi togli i figatelli de la ditta porchetta et battili bene col coltello
insieme con bone herbe, et
togli aglio tagliato menuto,
et un poco
di bon lardo, et un pocho di caso grattugiato, et qualche ovo, et pepero
pesto, et un pocho di zafrano,
et mescola
tutte queste cose et mettele in la ditta porchetta, reversandola a modo che si fanno
le tenche,
cioè ponendo quello di dentro di fori. Et dapoi
cusila inseme et
legala bene et ponila accocere nel speto, o vero su la graticula. Ma falla cocere adascio
che sia ben cotta così la carne como
etiamdio il
pieno. Et fa’
pocha di salamora con aceto, pepero et
zafrano, et tolli
doi o tre ramicelle de làvoro, o salvia, o
rosmarino; et gietta spesse volte di tal salamora in su la porchetta.
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Ambrogino
di pollo alla frutta secca
da
“Frammento di un libro di cucina del secolo XIV”,
scheda 20; la stessa ricetta si ritrova in un menù festivo
di martedì 23 dicembre 1326, a Siena.
“Togli
li polli, ismembrali,
poi li soffriggi col lardo fresco et
uno poco di cipolla tagliata a traverso.
Quando è a mezzo cotto, togli latte di mandorle et istempera
con buglione et uno poco di vino, e metti con
questi polli et iscema in prima del grasso
s’egli è troppo, e mettivi
cennamo
trito col coltello e pochi garofani.
E quando s’apparecchia, mettivi
susine secche, datteri interi, alquante noci moscate tritate et uno poco di midolla di pane abbrusciata, bene pesta e
stemperata con vino e con aceto. Questa vivanda vuole essere agra e
dolce, e guarda li datteri che non si rompano”.
Prendi i
polli, falli a pezzi e friggili nel lardo fresco insieme a un pò di cipolle
tagliate per traverso. A metà cottura, prendi del latte di
mandorle, stempera con del brodo e un pò
di vino, e aggiungilo ai polli dopo aver levato un pò di grasso se
è troppo; aggiungi cannella tritata col coltello e qualche
chiodo di garofano.E
quando si prepara aggiungi susine secche, datteri interi, un pò di noce moscata in
polvere e un pò
di mollica di pane arrostita, ben pestata e stemperata in vino e aceto.
Questa vivanda deve essere agrodolce. Fai attenzione a non rompere i
datteri.
INGREDIENTI: 1 pollo - 80
g di lardo - 2 grosse cipolle - 8 prugne - 10 datteri - 2 fette di pane
- 20 cl di vino bianco - 5 cl di aceto - 10 cl di brodo - qualche
scorza di cannella - 3 chiodi di garofano - 1 puntina di noce moscata -
latte di mandorle con 50 g di mandorle sbucciate e 1/2 litro
d’acqua
Arrostire il pane ed
eliminarne la crosta per conservare solo la mollica. Tagliare il pollo
a pezzi e rosolarlo nel lardo fuso insieme alle cipolle. Mischiare il
latte di mandorle a 10 cl di vino bianco e al brodo. Quando il pollo
è leggermente colorito, salare, aggiungere il latte di
mandorle, il vino bianco e il brodo, un pezzetto di cannella tritata
grossolanamente col coltello, i chiodi di garofano, e lasciare
sobbollire per circa mezz’ora. A parte scaldare il resto del
vino con l’aceto, aggiungere la mollica di pane sbriciolata,
i datteri, le prugne snocciolate e la noce moscata. Togliere dal fuoco
non appena la salsa si addensa. Controllare il condimento e il gusto.
Per servire, prendere le prugne e i datteri della seconda preparazione,
che devono rimanere interi, e disporli intorno al pollo.Versare la seconda
preparazione sulla prima.
PER IL LATTE DI MANDORLE
Mettere a scaldare un pentolino
d’acqua.
Quando bolle, versarvi le mandorle e aspettare che riprenda a bollire.
Scolare e passare sotto l’acqua fredda.
Si può cominciare a mondare le mandorle.
Per mondarne 50 g ci vogliono 5-6 minuti.
Metterle nel frullatore, aggiungere l’acqua e frullare a
lungo fino ad ottenere un liquido bianco. Prendere un pezzo di garza,
metterla a doppio, bagnarla e strizzarla con cura. Distenderla in un
colino e filtrare il liquido.
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LE SALSE
Carne e pesce erano
sempre accompagnati con una salsa appropriata. Le salse hanno un ruolo
limitato nel repertorio italiano: per noi la salsa equivale al fondo di
cottura e raramente ne prepariamo una che accompagni appositamente la
portata, eccezioni sono la mayonnaise
per il pesce e le salsa verde per i bolliti. Nel medioevo erano invece
tantissime, spesso a base di frutta (prugne secche, uva passa, more,
ciliege), agro-dolci, immancabilmente temperate da mandorle pestate o
da mollica di pane bagnato, e ovviamente, speziate!. Molti sono i
sapori (così come le tecniche di cottura) che abbiamo perso
per strada dal tempo del Maestro Martino; a volte, piccolezze come una spolveratina di spezie o
l’aggiunta di qualche bona
herbicina
(quanti di noi usano ancora il crescione?).
Salsa di prugne secche
Maestro Martino nel
“De arte coquinaria”
propone una salsa di prugne secche che potrebbe rendere un normale
coniglio arrosto ancora più gustoso:
habi le progne et
mittile a moglio nel vino rosso, et cavagli fora
l’ossa, et pistarale molto bene con un pocho de amandole non mondate, et un pocho
di pane rostito, o bruschulato, stato a moglio nel preditto vino dove erano le progne. Et
tutte queste cose pistirai
inseme con
un pocho
d’agresto, et
de questo vino sopra ditto,
et un pocho di sapa,
overo zuccharo, che serebbe molto meglio, distemperarai et passarai
per la stamigna [colino] mettendovi dentro di bone
spetie, spetialmente la cannella [e un
pizzico di cardamomo e zenzero].
Salsa verde
La salsa verde di Martino
è simile, ma non uguale, alla nostra:
Piglia petrosillo
et sarpillo [timo], et un pocho
de bieda, con qualche
altra bona herbicina, con un pocho di pepe, et zenzevero,
et sale. Et pista inseme
molto bene ogni cosa distemperando
con bono aceto forte, et passarailo
per la stamegnia. Et se voi che senta
dell’aglio vi poterai mettere a pistare
inseme con
le sopra ditta cose un pocho
di fronde de aglietti. Et questo secundo il gusto a chi piace.
Agliata
Ingredienti: Mollica di
pane bianco, 1 testa d'aglio secca, 1 testa d'aglio fresca, 1 tazza di
brodo di carne, spezie ed un poco di aceto .Cuocere la testa d'aglio
secca e passare nel mixer tutto l'aglio, aggiungendo la mollica di pane
bianco, il brodo e l'aceto e cuocere per qualche minuto.
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Salsa Camellina
Ingredienti: 2 bicchieri
di aceto rosso forte, 7 fette di pane da toast o pane bianco privato
della crosta, 1 cucchiaio da caffè di polvere di cannella, 1
cucchiaio da caffè di zenzero, 1/2 cucchiaio da
caffè di chiodi di garofano, 1 presa di pepe nero, 1 presa
di cardamomo schiacciato, 1 pizzico di sale.
Ammollare le fette di
pane per alcune ore con l'aceto. Metterle poi nel mixer assieme a tutti
gli altri ingredienti e far frullare per alcuni minuti. Per legare la
salsa aggiungere eventualmente 1/2 bicchiere di panna liquida.
Dovrà risultare una crema liquida, di un bel colore cammello
e ben forte di spezie. In altre versioni della stessa ricetta per
accentuare il gusto agrodolce della salsa si aggiungono uva passa e
mandorle
Salsa
gialla
Prenez
gingebre, safren, puis preignel' en pain rosty deffait
d' eaue de char ( et encores vault
mieux la meigre eaue de choulx),
puis boulir, et au boulir mettre le vinaigre. (Prendete
zenzero, zafferano, pane arrostito messo a bagno in brodo di carne (o,
meglio ancora, in acqua magra di cavoli) e fate bollire. Quando si leva
il bollore, aggiungere l' aceto.)
Nonostante il nome, poivre jaunet,
la versione di questa salsa fornita dal Ménagier
de Paris non
contiene pepe, ma in compenso è molto gialla! In questa
ricetta la parola poivre
significa semplicemente "salsa". Il poivre
jaunet appartiene
alle "salse bollite" classiche menzionate in tutti i trattati medievali
francesi. E' particolarmente adatta per le carni grasse che rende
più digeribili.
Ingredienti: 1 bella
fetta di pane di campagna - 15 cl di brodo di carne o di cavoli, o
anche d'acqua - 5 cl di buon aceto - 1 2 cucchiaio di zenzero in
polvere - 1 bel pizzico di stigmi di zafferano sale
Togliere la crosta al
pane e arrostirlo. Metterlo a bagno nel brodo. Quando è
completamente rammollito, schiacciarlo con cura, aggiungere le spezie a
questa pappa e metterla sul fuoco. Quando leva il bollore, aggiungere
l'aceto e cuocere a fuoco lento finché non si addensi.
Salare e, se necessario, aggiustare il condimento. Se si vuole ottenere
una salsa più omogenea, la si può passare al
setaccio. Servire versandola sulla carne o sul pesce.
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I DOLCI
Il piacere del dolce si
affermò tardi, sotto l‘influsso della pasticceria
araba, molto più
evoluta di quella Europea. Molte ricette di dolci si sono tramandate
dalla tavola del nobile alla cucina delle nostre nonne.
Le crespelle
Il Liber de coquina
di autore anonomo
è uno degli esempi più interessanti tra i
ricettari del Trecento italiano: contiene ricette provenienti da
diverse regioni ed ha quindi un carattere cosmopolita e ricercato,
è quindi il meno provinciale. Il Liber
è sicuramente stato concepito in un ambiente di corte
particolare, nel contesto italiano, come era quella angioina nei primi
decenni del Trecento.
Si fanno
in questo modo: abbi della farina bianca stemperata con uova, aggiungivi dello zafferano e mettivi a cuocere lo strato nel
lardo, e come siano cotte, mettivi
sopra zucchero e miele e mangia.
A fare frittelle con fiore di sambuco per piatti
sei
La frittura è
un metodo di cottura, allora come oggi, molto comune e non è
difficile reperire anche nei libri di cucina molte ricette per fare
frittelle, spesso raggruppate in un capitolo apposito. Le frittelle
potevano essere dolci o salate, con carne o pesce, con frutta o legumi.
Piglia
di farina oncie 4, povine fresche tre o di
formaggio fresco libbra una, e di formaggio duro libbra mezza grattato,
di formaggio salato oncie
tre, e tanto levaturo
quanto è mezzo uovo; e pista bene ogni cosa nel mortaio. E ponigliuova sei battute seco, e
uno bicchiero di latte,
e oncie 3 d'acqua rosa;
e mescola bene ogni cosa insieme. E se ti paresse che il detto pastume fosse troppo duro, gli
aggiungerai un poco di latte, tanto che stia bene, e oncie 3 d'uva passa; e per tempo
d'estate gli porrai una oncia di fiore di sambuco a pistare secco. E poi con una gucchiara farai le tue
frittelle, grandi e piccole, secondo che ti parerà. Poi le
cuocerai in grasso colato o butiro,
o dileguito libbre 3. E
come saranno cotte, e per imbandirsi, gli ponerai
sopra di zucchero grattato oncie
quattro.
INGREDIENTI: farina,
ricotta, (formaggio fresco), formaggio da grattugiare, formaggio
salato, lievito, uova, latte, acqua rosa, uva passa, fiori di sambuco,
unto per friggere (burro, strutto), zucchero
Prendi quattro once di
farina, tre ricotte di giornata oppure una libbra di formaggio fresco,
una libbra e mezza di formaggio grattugiato, tre once di formaggio
salato, la quantità corrispondente a mezzo uovo di lievito e
pesta ogni cosa nel mortaio. Aggiungi al composto sei uova sbattute, un
bicchiere di latte, tre once d'acqua rosa e fai amalgamare bene. Se il
composto dovesse risultare troppo denso, allungalo con una
quantità adeguata di latte e tre once d'uva passa. Nel
periodo estivo pesterai assieme a gli altri ingredienti anche un'oncia
di fiori di sambuco. Poi con un cucchiaio farai le frittelle grandi o
piccole, a tuo piacimento. Le friggerai nell'unto, o nel burro, o in
tre libbre di strutto. Quando saranno pronte da servire le
spolverizzerai con tre once di zucchero in polvere.
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Gattò
dei Savoia
Era
il 1348 e Carlo era pretendente alla corona imperiale di Germania. Si
trattava di un ospite veramente illustre, per cui Margherita
pensò di far preparare un dolce speciale: il castello
sabaudo completo di possedimenti, con le montagne ed il paesaggio
perfettamente riprodotto, sormontato dallo stemma di Carlo di
Lussemburgo. Il dolce fu portato a tavola su un vassoio
d’argento dal giovane Conte Verde che montava un bellissimo
cavallo. In questo modo i Savoia riconoscevano a Carlo il suo diritto
al trono imperiale. Il gattò
dei Savoia divenne così famoso, tanto che pare fosse servito
anche alla corte di Caterina II di Russia.
Mettete
14 uovi in una
bilancia, pesando dall’altra parte altrettanto zucchero fino,
levate indi dalla bilancia lo zuccaro,
mettetevi tanta farina quando peseranno sette uova, indi rompete le
uova, mettendo i bianchi in un vaso a parte con lo zuccaro che avete pesato, con
alquanto di cedro raschiato, dei fiori di cedro abbrustoliti e triti,
sbattete il tutto assieme per mezz’ora, poscia mischiatevi i
bianchi, che prima avrete sbattuti ben bene, aggiungendovi per ultimo
la farina a poco a poco, rivolgendo la misura che la metterete,
procurate di avere una casseruola mezzana profonda, che fregherete, con
butino
raffinato, asciugandola dopo bene con un pannolino, indi mettetevi del
butirro raffinato, fate che si stenda da per tutto; ponete poi
ripartitamente l’apparecchio e fatelo cuocere al forno
d’un calor moderato per una ora e mezzo; cotto che
sarà riversatelo dolcemente sopra un piatto, e se
sarà di un bel colore dorato lo servirete nel suo naturale,
ma si avesse preso troppo colore bisogna ghiacciarlo in bianco, che si
fa con zucchero finissimo, un bianco d’uovo ed il succo di
mezzo cedro: sbattendo il tutto in un vaso di maiolica con un cucchiaio
di legno e fintanto che il ghiaccio sia ben bianco, servendosi di
questo per coprire la focaccia, ed avvertirete di non servire
finché il ghiaccio sia ben secco
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