ONCE IN A ROYAL DAVID'S CITY Il brano è un canto natalizio tradizionale scritto come poesia nel 1848 da Cecil Frances Humphreys (poetessa e prolifica scrittrice di inni), comparso in stampa nel suo "Hymns for Little Childen" e musicato l'anno successivo da Henry John Gauntlett con il brano strumentale per organo dal titolo "Irby", forse la sua melodia più conosciuta. Cecil Frances Humphreys è nata a Dublino, ma è vissuta da sposata a Londonderry e Strabane, con suo marito, William Alexander, nominato dalla Chiesa d'Irlanda vescovo di Derry nel 1867 (diventato in seguito arcivescovo di Armagh e primate di tutta l'Irlanda). Cecil Frances era un'appassionata sostenitrice del Movimento di Oxford, per una chiesa d'Irlanda più vicina a quella di Roma e scrisse "Hymns for Little Childen" due anni prima del suo matrimonio.
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L'intento della Humphreys nel suo "Hymns for Little Childen" era quello di aiutare i bambini a comprendere le parole del Vangelo. Delle sei strofe originarie vengono oggi cantate in genere nelle compilation delle Christmas songs, solo le prime due strofe e la penultima, che sono le più significative: le prime due richiamano l'umile nascita di Gesù e l'ultima esprime il concetto della salvezza dell'anima che assurgerà nel Regno dei Cieli, espressa però in termini molto umani, finalmente il credente vedrà con i propri occhi la Gloria di Dio. Il brano è utilizzato a fini liturgici nella Chiesa d'Irlanda alla vigilia di Natale o il giorno di Natale. Nelle strofe centrali qui non riportate si invita i bambini a seguire l'esempio di Gesù Bambino: ad essere miti, ubbidienti e buoni.
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Come riportato nella Bibbia, Davide secondo Re d'Israele è nato a Betlemme, chiamata da Luca "la città di Davide". Secondo una profezia biblica Gesù doveva essere un discendente di Davide e doveva nascere nella sua città. Dal Vangelo di Luca sappiamo che Gesù nacque a Betlemme dove tutti gli ebrei si stavano recando per il censimento. Davide a conquistò Gerusalemme dai Gebusei e la fece capitale del regno israelita circa mille anni prima della nascita di Gesù. L’immagine di Giuseppe e Maria che una volta arrivati a Betlemme fanno il giro degli alberghi e delle locande e li trovano tutti pieni a causa del censimento è falsa. Tutto nasce dall’aver tradotto erroneamente la parola greca “katàlyma” di Luca 2,7 in “albergo” invece che in “alloggio o stanza”. Per decenni trovavamo scritto in quel versetto “…perché non c’era posto per loro nell’albergo” mentre nella nuova traduzione italiana della Bibbia del 2008 troviamo “… perché non c’era posto per loro nell’alloggio”[camera per gli ospiti o alloggio superiore]. Se Giuseppe era originario di Betlemme, se qui aveva i parenti e se probabilmente era intenzionato a stabilirvisi definitivamente come è possibile che non avesse una sua casa per alloggiare? Considerando il fatto che per i popoli orientali l’ospitalità era un dovere sacro, sul quale si giocava il proprio onore, sembra inverosimile che, se ce ne fosse stato bisogno, nemmeno un parente vedendo Maria incinta abbia ospitato i due. Inoltre ogni abitazione di quei tempi in Palestina era costituita da un’unica stanza centrale dove si faceva tutto (anche dormire). Generalmente però ogni casa aveva qualche ambiente più piccolo riservato come deposito, per eventuali ospiti o per le partorienti. Infatti bisogna ricordare che quando una donna ebrea dava alla luce un figlio, restava impura per 40 o 80 giorni, a seconda che il bambino fosse maschio o femmina, per la perdita di sangue che aveva sofferto. E gli oggetti e le persone che toccava diventavano impuri. E per gli ebrei una persona impura non poteva frequentare il tempio né entrare in relazione con altri. Da qui l’usanza di far partorire le donne in una stanza appartata della casa. Quindi, le cose probabilmente sono andate così: Giuseppe e Maria alcuni mesi prima del parto vanno a Betlemme con l’intenzione di stabilirvisi definitivamente. Alloggiano nella casa che Giuseppe aveva a Betlemme. A causa del censimento molta gente era tornata in paese e la casa di Giuseppe era piena di parenti (sia la stanza centrale che quella appartata). Per non offendere nessun parente i due si ritirano nella stalla che ogni casa di Betlemme aveva e che nel caso di Giuseppe era una grotta. Infatti il Vangelo di Matteo ci dice che la stella condusse i Magi fino ad una “casa” (Mt 2,11). (tratto da vedi) |
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(Jan
Anderson) E come non citare "A Christmas song" di Jan Anderson che prende l'avvio proprio da "Once in royal David's city"? Si riporta l'articolo pubblicato da Enrico Leonardi (tratto da vedi) Il
rapporto con il fatto religioso di Ian
Anderson (leader indiscusso e “padre padrone” del
gruppo inglese dei Jethro
Tull) è
alquanto complesso e tortuoso: innumerevoli sono le canzoni in cui egli
prende spunto dalla fede, da Cristo e dalla Chiesa (anglicana), ma le
conclusioni a cui perviene sono non raramente ambigue e di difficile
lettura. Questa
“Canzone di Natale”, dapprima compresa nella
raccolta “Living in The Past”(1972),
e poi riproposta nel “The Jethro Tull
Christmas Album”(2003) è composta di tre
parti ben distinte. Dapprima ripropone (sia nel flauto introduttivo con
tintinnio di campanelli che nel testo) la famosa Carola natalizia di
Cecil Frances Humphreys Alexander e Henry John
Gauntlett
“Once in Royal
David’s
City” risalente al 1848/49; si lancia poi in una
contestazione del Natale consumistico che, pur essendo fondata, risente
molto del periodo post-sessantottino in cui la canzone è
stata composta; infine, con l’ironia tipica dei Jethro Tull,
strizza l’occhio a Babbo Natale chiedendogli di passare
comunque la bottiglia: è troppo bello fare festa!
ASCOLTA Jethro Tull, in "The Jethro Tull
Christmas Album” (2003)
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(Cattia
Salto dicembre 2012 e
integrazione dicembre 2013) |
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