LE IDI DI FEBBRAIO

Ai tempi dell'antica Roma pre-cristiana, era la festa del dio Fauno diventata, con l'avvento della Chiesa Romana, la festa del santo cristiano Valentino, martire del III secolo, una festa cristiana di cui si hanno fondati dubbi sulle origini e che la Chiesa cattolica sopresse nel 1969.
Ma ahimè non così il mondo pubblicitario che vede nella festa la celebrazione dell'amore romantico (con tutti i corollari di bibliettini, regali e rituali tra innamorati)

IL DIO FAUNO

Fauno di secondo nome faceva Lupercus, cacciatore di ninfe, sposo e fratello di Fauna, una delle tante rappresentazioni femminili di Madre Natura, a lui erano dedicate le Lupercalia (o i Lupercali) che si festeggiavano a Roma alle idi di febbraio (il 15 del mese). Un dio legato al mondo pastorale assimilabile al greco Pan e connotato da zampe caprine (zampe irsute e zoccoli) quindi mezzo uomo e mezzo caprone. Fauno è raffigurato anche in forma umana, per lo più nudo, con l'esuberante sesso ben visibile, o abbigliato con pelli di capra, contraddistinto dal flauto, dalla cornucopia o da una clava da pastore. Il candidato perfetto per raffigurare il diavolo dei Cristiani! vedi

SAN VALENTINO

Per alcuni Valentino era un prete che viveva a Roma in un periodo in cui il Cristianesimo era una religione nuova: Valenino venne arrestato e decapitato il 14 febbraio 270 per aver celebrato matrimoni segreti tra i soldati (con donne cristiane ovviamente) contravvenendo ad un espresso editto dell'imperatore che invece li proibiva.

Un'altra storia ancora più fantasiosa, racconta di un prete, Valentino, che venne arrestato perche' non pregava gli dei romani. Mentre era in prigione molti bambini gli facevano pervenire fiori e bigliettini per dimostrare il loro affetto. La fantasia popolare aggiunse ancora che la figlia cieca del carceriere divenne molto amica di Valentino, il quale prego' molto affinche' le ritornasse la vista. Quando il miracolo avvenne, la ragazza riusci' solo a leggere l'ultimo addio di Valentino prima di essere martirizzato. Un’altra versione vuole che i due fossero innamorati e che il bigliettino fosse firmato con “Il tuo Valentino”!?!

I LUPERCALI

Si festeggiava nell'Antica Roma il 15 febbraio i Lupercali, una festa in onore del dio Fauno/Luperco, protettore delle greggi e dei raccolti. Una festa particolarmente gradita ai Romani per il suo carattere orgiastico ritualizzato, tant'è che ancora sul finire del V secolo era praticata in una città almeno nominalmente cristianizzata!

Una festa che oggi definiremo sado-maso in cui giovani seminudi, belli unti di grasso e con una maschera di fango sul volto, dopo aver sacrificato (nella grotta di Luperco) capre e cani ed essersi cibati delle loro carni, correvano per il colle Palatino e frustavano le donne con corregge ricavate dalle pelli degli animali sacrificati. Il rituale aveva lo scopo di rendere fertili le donne stesse o di garantire un parto sicuro a quelle gravide.

"Vediamo che i sacerdoti Luperci – scriveva Plutarco – iniziano la loro corsa attraverso la città dal punto preciso dove la tradizione vuole che Romolo fosse abbandonato. I Sacerdoti corrono per la città battendo con le strisce di pelli di capra quanti incontrano. Specialmente le giovani spose non si ritraggono davanti alle frustate credendo che favoriscano i concepimenti e facilitino i parti".

Così scrive Andrea Romanazzi: "i Lupercali erano una festività importantissima per Roma in quanto rimandava alle stesse origini della città. Ovidio faceva risalire la tradizione della festa alle antiche celebrazioni dedicate a Priapo, il dio, spesso rappresentato con un volto umano e le orecchie di una capra, tiene in mano un bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare gli alberi e sulla testa foglie d’alloro. 
Per altri la festività era in onore del dio Lupesco protettore delle greggi e degli armenti, spesso confuso con Pan Secondo la mitologia il Dio nacque dall'unione di Ermes con Driope, la ninfa della quercia. La leggenda vuole che il dio stesse portando al pascolo delle pecore in Arcadia vide la fanciulla e subito se ne innamorò, dall’incontro nacque un bimbo metà uomo e metà capra. La divinità era spesso rappresentato in forma fallica o addirittura dotato di un doppio fallo, simbolo proprio della sua natura feconda, aspetto per il quale era anche rappresentato da un pilastrino verticale con sopra scolpita la sua testa e il suo fallo eretto, simbolo appunto della fecondazione. In quei giorni era dunque costume, in onore al Dio, scannare le capre e utilizzarne le pelli per vestire i lucerci, sacerdoti che staffilavano le donne contente di essere percosse perché convinte che quel rituale avrebbe facilitato la loro gravidanza e il parto. I rituali, basati spesso su riti orgiastici con sacrifici animali erano stati a loro volta ereditati dai romani dalle popolazioni autoctone che vedevano nell’animale una divinità. E’ già in questa festa che vediamo la germinazione del Carnevale, ovvero del “Camuffamento” del sacerdote che, avvolto in pelli d’animale, personificava il dio. La maschera indossata dal sacerdote/demonio era incarnazione di un personaggio mitico, un antenato, un animale totemico, un dio, e aveva la capacità di trasumanare l’uomo che la indossava. Le donne e le sacerdotesse, nella loro unione con il dio-sacerdote durante i rituali di fertilità, credevano così di esserne rese feconde. I rituali di fertilità, il concetto di accoppiamento sacro, metafora del ciclo naturale, ove l’uomo e la donna, si sostituiscono alle divinità e per loro intercessione perpetuano il mistero della nascita, e successivamente le falloforie, sono così archetipo del sabba. Culti simili sono presenti in molte altre aree di Italia e d’Europa. Il Mannhardt, per esempio, ne descrive moltissimi relativi il “battere” gli alberi o le piante in primavera o a fine inverno per cacciare gli spiriti maligni e ostili alla rinascita vegetazionale. Insomma, scopriamo che San Valentino che oggi festeggiamo era una gran festa del sesso. Successivamente i Lupercali assunsero il carattere di una festa di purificazione, all'inizio, del gregge, e poi della città, senza però perdere il ricordo di base. Uomini vestiti con le pelli degli animali sacrificati, percuotevano le donne che incontravano con lo scopo propiziatorio di trovare presto marito o per ottener una numerosa prole. Le frustate dei Luperci, divenuti anche uomini-capri non sono state dimenticate, così Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli, parla dell’usanza del battere e percuotere le donne con le verghe per assicurare loro la fecondità. 
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LA LOTTERIA D'AMORE

L'altra parte della festa (che durava tre giorni) consisteva probabilmente in un baccanale orgiastico in cui giovinetti e giovinette seguaci del dio, accoppiati mediante una lotteria, "si dilettavano" tra di loro (bevendo vino, mangiando e danzando) per propiziare la fecondità della terra e dei suoi abitanti. Ma si sa che i baccanali della Roma antica erano affari da scambisti sposati e non venivano di certo coinvolte le vergini giovinette della Roma-bene, da preservare in vista di un matrimonio di convenienza. 

I BIGLIETTI DI VALENTINO

La tradizione dei bigliettini d'amore nella data di S. Valentino e' documentata a partire dal 1415, quando Carlo duca di Orleans, fatto prigioniero dagli inglesi nella battaglia di Azincourt, e detenuto nella Torre di Londra mando' un biglietto con una poesia alla moglie. Alcuni anni dopo sembra che re Enrico V d'Inghilterra fece comporre un biglietto "valentino" per Caterina di Valois sua promessa sposa.

I biglietti manoscritti di S. Valentino iniziarono a diffondersi in Gran Bretagna nel XVII secolo, e nel XVIII erano diventati comuni fra amici ed innamorati di diverse classi sociali. Verso il 1800 iniziarono ad essere stampati ed ebbero successo anche nelle colonie americane.

IL MONS PHATATUS DEL VALENTINO

Fauno è anche lo spirito divino del bosco che si manifesta nel rito dell'incubazione, ossia un sonno profetico in cui la voce del dio rivela l'ineludibile destino (Fato): la particolarità di questi luoghi oracolari era che non c'erano mediazioni di sacerdoti o sibille bensì il dio si manifestava direttamente a colui che nel bosco (un santuario naturale su una collina con probabilmente delle grotte) giungeva per avere un responso.

Nella zona collinare dell’Oltrepò torinese è molto grande la venerazione del santo perché pare che vi siano traslate le reliquie di San Valentino, la stessa zona era detta nelle carte medievali  Mons Phatatus  (viene il sospetto che nella località esistesse un santuario in un bosco in cui si venerava il dio romano Fauno soprannominato Fatuus - in italiano Fatuo - per essere il dio dell'ispirazione profetica e poetica ). 

CELTI E GERMANI/NORRENI

Esisteva una festa equivalente presso le popolazioni nordiche? La questione non è molto dibattuta e forse nemmeno rintracciabile nei miti, presso i Celti la prima timida ripresa della Natura era già celebrata alle calende di Febbraio con Imbolc, mentre presso i Norreni si festeggiava Vali il dio nato e cresciuto in un sol giorno per vendicare la morte di Balder

 

IL COLPO DI FULMINE E IL CELTISMO IRLANDESE

Scrive Andrea Romanazzi" Nel linguaggio moderno spesso si parla di “colpo di fulmine” ad indicare l’oramai famoso amore a prima vista. I media e i giornali ci han mostrato tutte le innumerevoli sfaccettature di questo termine nascondendoci pero’ la vera essenza che si nasconde in esso, a meta’ strada tra amore e magia e che affonda le sue radici in miti e leggende che ci riportano ad indomiti guerrieri ma anche a splendidi e dolci amanti. Da sempre infatti amore e guerra sono andate di pari passo, in passato un re impotente o comunque che non poteva generare figli non poteva governare un paese, e gli stessi cavalieri e paladini erano screditati se avessero rifiutato di giacere nel letto di una fanciulla che glielo avesse chiesto. Ancora oggi questo legame tra guerra e amore è ricordato in molti detti popolari come il comunissimo “in amore ed in guerra tutto è permesso”. 
L’energia “amorosa”, generata da una donna, può rendere l’uomo invincibile e da qui la tradizione di una antichissima tecnica di combattimento chiamata appunto “Colpo di fulmine”. Un interessante episodio da narrare in tal senso è quello di Cuchulainn, il mitico eroe d’Irlanda, il leggendario sovrano si trova dalla sua maga-iniziatrice Scatach quando una notte, la figlia della sacerdotessa, Uatach, innamorata dell’eroe decide di sedurlo andando a riposare nuda nello stesso letto. L’eroe infastidito all’inizio rifiuta la proposta ma ecco che la fanciulla , in cambio di una semplice notte d’amore promette al re di spiegare come ottenere dalla madre una terribile tecnica di combattimento che lo avrebbe reso invincibile. 
Ancora una volta, dunque, è attraverso la donna che l’uomo diventa imbattibile e infatti solo dopo aver giaciuto con Uatach e poi successivamente con la stessa sacerdotessa Scatach che Cuchulainn ottiene il segreto della micidiale Scarica di Fulmine che lo renderà famoso in battaglia. L’esempio del mitico re irlandese non è l’unico, questa strana tecnica di combattimento era conosciuta anche da Lug , Batraz e molte altre divinità celtiche che , a loro volta , l’avevano sempre appresa da una donna. 
Ricordi di questa magica arma fisico-spirituale li ritroviamo successivamente nella Materia di Bretagna, e in particolare in una delle prime versioni del “Lanzelot en Prose”, la storia di uno dei più famosi paladini della tavola rotonda, appunto Sir Lancellotto. Anche il paladino arturiano è da sempre circondato da donne-maghe , da Viviana a Morgana, esseri fatati che gli insegnano l’arte della guerra, ma solo una donna speciale potrà rendere l’eroe invincibile e tutto nascerà da uno “sguardo” o come oggi lo definiremmo da un “colpo di fulmine”. “…Colpito al suo arrivo dalla sua beltà, lei gli sembra incomparabile più splendida da vicino, ed egli le appare più alto e più forte. La regina prega Dio di far di lui un valoroso per la pienezza della bellezza di cui lo ha favorito…” Questi versi del “Lanzelot en prose” descrivono perfettamente il colpo di fulmine dopo il quale il paladino diventa il cavaliere più forte del regno, ed e’ ancora una volta l’amor fulmineo a trasformarsi in arma e “folgore divina”. Solo chi conosce la “donna” può così esser un grande eroe, solo chi conosce l’ “amore” può diventare invincibile come può essere letto tra le righe di tutta la mitologia celtica alla quale la materia di Bretagna si rifa’, e cosi’ il figlio indomito di Cuchulainn, non conoscendo l’amore viene ucciso in battaglia dal proprio padre che, non riconoscendolo, lo sconfigge proprio con la tecnica del colpo di fulmine, stessa sorte toccherà a Galaad, figlio di Lancillotto. Infatti il cavaliere dal cuore puro e designato per l’arduo compito della cerca del Graal potrà portare a termine a differenza del padre proprio perché pudico, ma in realtà sarà proprio questa sua mancanza d’ “amore” a decretare la sua fine , infatti perira’ fulminato dalla luce stessa della mistica coppa d’Amore! 
Colui che non conosce la “scarica di fulmine” non potrà essere invincibile e nessun cavaliere potrà mai conoscerla senza la propria donna, il tramite d’amore che permette il raggiungimento della misticafolgorazione il cui ricordo, ancora oggi, si conserva nella tipica espressione “colpo di fulmine”.
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(Cattia Salto 2004 revisionato febbraio 2016 e febbraio 2017)