Privacy Policy IL MEDIOEVO IN TAVOLA: le spezie

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LE SPEZIE

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TRADIZIONI

Il cibo servito nel Medioevo era molto speziato: l’alto costo delle spezie permetteva al nobile di ostentare la propria ricchezza anche a tavola, inoltre i medici medievali erano convinti che le spezie rendessero più digeribili le vivande (pensavano che il “calore” della spezia –considerata secondo la teoria degli umori sostanza calda e secca- agevolasse la “cottura” del cibo nello stomaco).

 

Si supponeva che le spezie fossero originarie del Paradiso Terrestre, disegnato in molte cartografie dell’epoca tra l’India e la Cina, e perciò conservassero qualche potere, come ad esempio questo elisir!

 

ELISIR DI GIOVINEZZA: Prendere una parte di vino bianco e una parte di vino rosso e riscaldarli a bassa fiamma. Aggiungere poi del miele, cannella, chiodi di garofano, spicchi di arancia e limone. Lasciare riposare il tutto ancora sul fuoco, per qualche minuto. Versare su di un corno (o coppa) l’elisir ben caldo, e prima di bere recitate: "Che eterna giovinezza conquisti".

 

L’influsso della cucina e della medicina araba (che avevano sviluppato tecniche molto più avanzate rispetto agli Europei, non da ultimo la distillazione) fu enorme, ma a differenza degli arabi nel mondo cristiano non esistevano prescrizioni in merito alle bevande alcoliche e perciò l’uso che se ne fece fu completamente innovativo.

 

Le spezie che già si utilizzavano nell'Alto Medioevo erano: zenzero, zafferano, chiodi di garofano e pepe, mescolate poi a molte erbe aromatiche.

Nel Duecento si aggiunsero: cubebe (un tipo di pepe), macis, zucchero, cannella, liquirizia, grano saraceno, cumino, anice, coriandolo e gromillo (sotto il nome di spezia si classificavano anche molte erbe curative e cereali) e nel Trecento noce moscata, galanga e cardamomo.

 

Per provare qualche pietanza medievale vedi

 

I VINI SPEZIATI

Sono relativamente insoliti ai nostri palati anche se tutti conoscono il vin brulè che altro non è che un vino speziato alla maniera medievale ma cotto.

 

Nel Medioevo ogni vinattiere, speziale e addetto al vino era in grado di preparare vini speziati e ognuno aveva la sua ricetta. Fu solo alla fine del '300 che cominciò a circolare il nome di ippocrasso molto probabilmente ispirandosi al medico Ippocrate per avvalorare una qualche qualità medicamentosa o di toccasana della bevanda (che peraltro Ippocrate non aveva mai preparato).

IPPOCRASSO

In Italia si utilizza più spesso il termine chiariera o chiarea, derivato dal latino medievale claretum.

 

Il pigmentum, claretum o hippocras che dir si voglia discende dal vinum conditum dei Romani, chiamato anche piperatum perché a base di pepe e miele. Plinio lo fa rientrare nella vasta categoria dei vini aromatites, che appartenevano alla ancor più vasta famiglia dei vina ficticia, cioè ‘corretti, manipolati’. Nella Storia Naturale ne sono enumerati 29 fatti con erbe, ortaggi e anche cereali, 21 con bacche, fiori e frutti e 14 con spezie propriamente intese, vale a dire quelle piante aromatiche esotiche che andavano per la maggiore. Solamente il vino aromatizzato con il pepe godeva, come si è detto, di un nome suo proprio.

maniche-ippocrate.jpgQuesti vini si ottenevano per infusione, partendo più spesso dal mosto, in cui veniva immerso un sacchetto di tela contenente l’aroma o la miscela di aromi polverizzati.

 

Quasi un millennio durò la “moda” del pepe sulle tavole e nei vini speziati, poi il primato passò ad altre spezie, ed assistiamo così alla nascita del vino aromatico medievale, in cui predomina decisamente il cinnamomo.

 

Anche il procedimento di preparazione cambia: la miscela di spezie polverizzate e di miele (lo zucchero si sta facendo strada lentamente, anche se inesorabilmente) viene introdotta nella “manica di Ippocrate”, e sopra di essa il vino, che sarà ripetutamente colato nei recipienti sottostanti, in modo che, chiarificandosi, trascini con sé la dolcezza e i profumi della conditura.

Questo è l’autentico procedimento per fare un buon hippocras e rimarrà in voga per secoli.

 

L’insigne medico Arnaldo da Villanova considera l’hippocras una bevanda adatta alla stagione invernale e confacente ai vecchi, per la natura “calda” di tutti i suoi componenti; tale calore giova tuttavia alla digestione, e così si spiega perché l’hippocras veniva sempre servito a fine pasto.

D’altra parte l’hippocras era una bevanda costosa per definizione, in quanto a base di spezie, ed era pacificamente annoverata tra quei beni di consumo denotanti l’appartenenza ad un ceto altamente abbiente.

(tratto da Enrico Carnevale Schianca, Il vino ippocratico, i suoi antenati e le sue derivazioni, “Appunti di Gastronomia”,XL, pag.5 e seguenti)

LA RICETTA: Ippocrasso

Le dosi sono per ogni litro di vino rosso o bianco secco e si calcolano per 8-10 persone.

(questa è una specie di ricetta base, ognuno poi la integra con ulteriori spezie o erbe. Da tenere presente che il gusto medievale era tendenzialmente più "secco" rispetto all'abitudine del nostro palato verso le bevande dolci.)

 

Scaldare un paio di bicchieri di vino in un pentolino per facilitare così che si sciolgano 100 grammi di miele o di zucchero (la quantità di zucchero può arrivare anche a 150-200 grammi se piace più dolce) ovviamente il miele non deve essere d'acacia (arrivata in Europa solo nel 1600); versare il vino addolcito col restante vino in una capiente pentola.

 

In un mortaio (si sconsigliano le spezie in polvere perché il prodotto secco è più fragrante) mettere: (le dosi massime sono quelle indicate nella ricetta medievale i valori più bassi corrispondo alle dosi utilizzate mediamente per il vin brulè)

 

6-8 grammi di cannella, 6-8 grammi di zenzero + 6-8 grammi di galanga

(non facilmente reperibile, ma simile come sapore allo zenzero)

6-8 chiodi di garofano (alcune antiche ricette li omettono)

6-8 baccelli di cardamomo (alcune antiche ricette li omettono)

 

pestare in un mortaio fino a sminuzzare finemente le spezie, se invece le spezie sono state reperite in polvere vanno mischiate bene insieme.

 

Mettere la polvere in una garza sterile, chiuderla e lasciarla sul fondo della pentola per circa 3 ore. (come per il tè, più resta in macerazione più acquista sapore).

Ma se si vuole applicare il metodo medievale alla lettera, occorre avere molta più pazienza e far decantare il vino per colatura dalla già citata "manica di Ippocrate"!

 

E’ preferibile far riposare il vino imbottigliato e in luogo fresco qualche settimana o anche un mese.

 

ILLUSTRAZIONE

Maniche di ippocrate 300 Tractatus de herbis, c142r Modena bib estense, ms.alfaL.2.98, Lat.993

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