TERRE CELTICHE |
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LA BALLATA
DELL'AVVELENATO (parte prima) Un
filo rosso collega i vari paesi di quel territorio che possiamo
chiamare Europa, che un tempo antico fu unito se non politicamente
almeno culturalmente, dalle storie cantate dai giullari e menestrelli
girovaghi. Questo
filo racconta la storia di un figlio morente, perchè
è stato avvelenato, che ritorna dalla madre per morire nel
suo letto e fare testamento; con tutta probabilità la
ballata parte dall'Italia, passa per la Germania per arrivare in Svezia
e poi diffondersi nelle isole britanniche fino a sbarcare in America.
Com'è noto ai più, Bob
Dylan ha trasformato la ballata tradizionale scozzese
“Lord Randal”
nella folksong americana d’autore “A
Hard Rain’s
a-gonna Fall”
durante il “Folk Revival” degli anni 60-70,
mantenendovi la metrica e il messaggio, pur sviluppando un argomento
diverso (l'ha trasformata in una canzone contro la guerra in cui
sarà tutta l'umanità ad essere avvelenata dalle
radiazioni atomiche e dalle piogge acide) Così
c'insegna Riccardo Venturi "Al pari di 'Sir Patrick Spens'
e 'Bessy Bell and Mary Gray', è di solito
difficile aprire un'antologia della letteratura inglese alla sezione
"Ballate" senza trovarvi il 'Lord Randal'.
Questa ballata può avere avuto origine molto lontano dalle
brughiere e dai lochs,
e molto vicino a casa nostra. Il veleno,
infatti, è un'arma assai strana nelle fiere ballate
britanniche, dove ci si ammazza a colpi di spada; è
un mezzo subdolo, 'femminile' di uccidere, e non a caso
è stato sempre considerato, a livello popolare, proprio
degli italiani. " LA VERSIONE ITALIANA: IL TESTAMENTO
DELL'AVVELENATO "L'avvelenato", o "Il testamento dell'Avvelenato",
è una ballata italiana attestata per la prima volta in un
repertorio di canti popolari pubblicato nel 1629 a Verona da un
fiorentino, Camillo detto il Bianchino. È
stata poi riprodotta anche da Alessandro d'Ancona
nel suo saggio 'La
Poesia Popolare Italiana', Livorno, 1906 (vol. II, p. 126): l'autore
esprime l'opinione che il testo originale fosse toscano e ne riporta
alcune versioni provenienti dall'area comasca e lucchese. Ad
oggi si contano quasi 200 versioni regionali
della ballata dell'Avvelenato La
ballata è costituita dal solo dialogo
tra madre e figlio senza rendere nota la ragione per la quale
il figlio, che in alcune regioni si chiama Enrico, in altre Peppino in
altre ancora, come in Canton Ticino, Guerino,
viene avvelenato da una dama; forse ne è la moglie e in
alcune versioni in effetti è dichiarata come tale (ad
esempio nel Veneto). L’avvelenamento
avviene per mezzo di un’anguilla.
L’anguilla era un cibo molto apprezzato nel Medioevo, e
consumato anche in zone lontane dal mare in quanto si poteva conservare
a lungo viva. Ma si sa l'anguilla ha un aspetto serpentino e in effetti
il capitone (cioè l'anguilla con la grossa testa)
è spesso paragonato, almeno in Italia, al pene maschile. A
prima vista l'avvelenamento potrebbe trattarsi di una vendetta da parte
della moglie o dell'amante a causa di un tradimento e viene spontaneo
il parallelo con un altro filo rosso tracciato per l'Europa quello
della "Morte Occultata" (vedi) anzi le due
ballate si potrebbero dire originate da una stessa antica fonte
mitologica: l'eroe va a caccia nel bosco e viene avvelenato da una
misteriosa dama, quindi ritorna a casa e lascia il suo testamento. |
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Secondo
l'interpretazione di Giordano Dall'Armellina
in chiave archetipa
ecco che intravediamo l'insegnamento-rito di passaggio che veniva
impartito anticamente tramite il racconto "Le
lezioni relative alla morte occultata sono sicuramente più
antiche e propenderei per una derivazione da queste per lo sviluppo
delle versioni italiane ed europee in genere, relative al testamento
dell’avvelenato. Per questa versione comasca si potrebbe
ritenere che l’eroe sia
andato a caccia con la sua cagnola.
Deve dimostrare di essere un vero uomo,
ovvero di essere passato nel mondo degli adulti, e di poter procacciare
cibo attraverso la caccia come era consuetudine nelle
società arcaiche. Tuttavia, l’eroe fallisce
e incontra la sua dama che gli offre un’anguilla arrosto
avvelenata. La dama è in realtà la morte, ma il
suo senso di frustrazione per la prova fallita gli fa vedere nella dama/morte il volto della donna amata la
quale, in una specie di transfert, lo umilia e lo punisce
nella virilità offrendogli il suo stesso sesso
rappresentato da un’anguilla avvelenata. Se non si passa nel
mondo degli adulti il pene perde del
tutto la sua forza ed è quindi rifiutato dalla donna che lo
vuole invece garante come generatore della vita e della famiglia. In
mancanza di queste garanzie, in una società dove generare
tanti figli era la prova di massima virilità, la morte
prende il sopravvento. Nella morte è coinvolta anche la cagnola; ritenuta colpevole in
egual misura dal padrone per non averlo aiutato nella caccia,
mangerà l’altra mezza anguilla. Alle fine, nel
testamento, all’ultima domanda provocatrice della mamma,
l'avvelenato lancerà una maledizione augurando la forca alla
dama, che essendo la morte, non può morire. Tuttavia
è anche una maledizione verso la donna amata per la quale si
è sottoposto alla prova, fallita, di virilità.
Nell’evoluzione della ballata si sono persi i contatti con le
radici più profonde e rimane una storia di presunti
tradimenti dove in ogni caso è una donna, derivazione della
strega-morte, a compiere l’omicidio. Il ritorno dell’eroe morente dalla mamma va visto come il ritorno alla madre terra che accoglierà il figlio di nuovo nel proprio grembo. Una figura paterna avrebbe disturbato, nell’inconscio collettivo, la visione archetipica dell’abbraccio consolatorio della Grande Madre."
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FONTI (Cattia Salto aprile 2014)
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