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TRADIZIONI |
IL
VISCHIO |
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IL VISCHIO NELLA TRADIZIONE CELTICA Per i Celti il vischio era il simbolo
della resurrezione, della sopravvivenza della vita alla
morte, affascinati dalla sua vita completamente aerea, credevano fosse
l’emanazione della divinità sulla Terra,
panacea che cura tutti i mali. "Per
raccogliere ed usare il Vischio si attuavano una serie di cerimonie
volte a celebrare la sopravvivenza dello spirito alla morte fisica. Per
i druidi il rito che onorava l'immortalità
dell'anima era
in grado di associare il potere della medicina a quello della magia. Il
fatto che il Vischio sia una pianta che non cresce a terra ma sugli
alberi suscitava nella popolazione celtica un interesse, una
curiosità ed un'adorazione del tutto particolari. Il ciclo
vitale di questa pianta non tocca mai il terreno perché gli
uccelli si cibano delle sue bacche e poi le trasportano da un albero
all'altro. Germogliano solo i semi dei frutti che cadono sui rami
mentre ciò non accade per quelli che cadono a terra. Tutto
questo veniva interpretato dai druidi come una sorta di benedizione
degli dei scesa sui primi mentre i secondi non godevano del consenso
divino. I Celti credevano che il
ciclo vitale del Vischio si sviluppasse su tre elementi: un
soggetto che trapassa la morte rappresentato dal Vischio, un messaggero
della vita cioè l'uccello trasportatore, e l'interazione
divina che dava il potere di nascere e di crescere. Questa vita
completamente aerea veniva associata ad una delle più
spettacolari, misteriose e potenti espressioni divine nel mondo terreno. Il Vischio era una
delle piante più preziose dell'erboristeria celtica tanto da
essere ritenuto quasi un animale e da venire associato alla vita di un
re o di un capo. I druidi sceglievano accuratamente i modi ed i tempi
per raccoglierlo. Era la pianta dedicata alla festa di Imbolc
e veniva tagliato dall'albero che lo ospitava
durante una cerimonia di Yule o Alban
Arthan.
Proprio in questo giorno, il più corto dell'anno,
il sole ricomincia a crescere e la luce che irraggia la terra,
fecondandola di vita, aumenta gradualmente fino a rinnovare il
risveglio primaverile. Il cerimoniale
per la raccolta del Vischio era
scandito da azioni antiche ed imprescindibili. Gli studi in merito
all'epoca ed alle modalità di raccolta sono molto precisi:
si usava un panno candido, simbolo di purezza, e venivano sacrificati
dei giovani tori bianchi per rinnovare il patto con le
divinità. I Celti lo
raccoglievano nel sesto giorno della luna crescente cioè
mentre questa si stava incrementando di potenza. Anche il druido che
officiava la cerimonia era vestito di bianco e solo lui poteva
tagliarlo. Il Vischio era anche considerato un liquido simbolico
perché estraeva la linfa dalla pianta ospitante sorbendone
la positività ed il sapere e quindi, concentrandone il
succo, diventava la bevanda della conoscenza
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IL MITO NORRENONella mitologia norvegese il dio Balder,
fu ucciso perché colpito da un ramo di vischio, tutte le
altre piante avevano giurato di non recare alcun male al giovane e
bellissimo dio, tutte tranne l’umile e innocua piantina del
vischio. Ma Loki, il malvagio, fece in modo che un
vecchio cieco, per gioco, colpisse Balder con un rametto di vischio
uccidendolo all’istante. In memoria del dio, i norvegesi
sono soliti bruciare rami di vischio in prossimità del
solstizio d'inverno, con lo scopo di allontanare
la sventura e
invocare la prosperità ed il benessere. |
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LA LEGGENDA: LA MORTE DI BALDERBalder, (Baldr) dio della luce, era tormentato dagli incubi. Pur sapendo di essere amato da tutti per la sua bontà e la sua bellezza, ogni notte sognava che qualcuno stesse per ucciderlo.
Il padre Odino, dio della guerra, era preoccupato. Così, in groppa al suo cavallo dalle otto zampe, si reco’ a Niflheim, la terra dei morti, dove c'era la tomba di Volva, la veggente che conosceva i segreti del futuro. Odino, con le sue arti magiche, la costrinse a uscire dalla tomba e la interrogò. «Presto per Balder si mescerà birra e idromele» rispose Volva, volendo significare che il dio sarebbe morto. Odino domandò come sarebbe avvenuto e Volva disse: «Sarà Hoder, il dio cieco, a ucciderlo».
Ritornato tra gli dei, Odino informò la moglie Frigg(1) del destino che attendeva il figlio. Frigg partì subito per un lungo viaggio, attraversando tutti i paesi del mondo. A ogni cosa che incontrava faceva giurare di non fare mai del male a Balder. Giurarono tutti: l'aria e l'acqua, la terra e il fuoco, le piante, gli animali e le pietre. Solo la pianticella delvischio non giurò. Frigg, infatti, l'aveva ritenuta troppo debole e innocua per costituire un pericolo. In questo modo Balder divenne invulnerabile e ciò fu per gli déi un'occasione di divertimento. Gli tiravano sassi e frecce, lo trafiggevano con le lance, lo colpivano con le spade... Ma nulla poteva ferire il giovane Balder. Solo Loki, dio della distruzione, non partecipava. Egli amava gli scherzi crudeli e quel gioco innocuo non lo divertiva affatto. Così, mutate le sue sembianze in quelle di una vecchia, si recò daFrigg e con l'inganno venne a sapere dalla dea che il vischio non aveva giurato. Allora andò nel bosco e ne prese un ramo che cresceva sul fusto di un melo. Con esso costruì un bastoncino dalla punta affilata, quindi si recò all'assemblea degli dei. Come al solito gli dei erano impegnati nel gioco di colpire Balder. Loki si avvicinò al cieco Hoder e gli porse il bastoncino di vischio. «Prova a colpire Balder con questo» gli disse. Hoderreplicò: «Come posso colpirlo se neppure lo vedo?» Ma Loki lo rassicurò: «Non temere, guiderò io la tua mano». Hoder lanciò il bastoncino e colpi Balder. Il vischio penetrò nelle sue carni e lo uccise. Tratto da "Miti e leggende di tutti i tempi" editore HAPPY BOOKS 1) Frija, Freya, chiamata anche Frigg nella mitologia scandinava. È la moglie diWotan - Odino. Protettrice dell’amore, dell’unione sessuale e della fertilità. Il suo nome sopravvive in inglese nel termine Friday (Frigg’s-day). ILLUSTRAZIONE: “Each Arrow Overshot
His Head”. Elmer Boyd Smith (1902) |
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Narra la leggenda che Balder, morendo, cadde su un cespuglio di agrifoglio, spruzzandolo di sangue, mentre le lacrime di Frigg si trasformarono in perle che rimasero per sempre ad ornare la pianta del vischio.
In alcune versioni gli altri dei riportano in vita Balder così Frigga dichiarò il vischio una pianta sacra portatrice d'amore e non più di morte. |
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IL RAMO D'ORO DEI LATINI: NEMIUn oscuro rituale era consumato a Nemi (dal latino nemus, nemoris= bosco sacro, il nemeton dei celti) in un boschetto sacro presso il lago omonimo che si diceva fosse il regno di Diana, Nemus Dianae, bosco sacro dedicato alla dea (Diana Nemorense o Arcina, dea della caccia, della luce lunare e della vita che rinasce). Alcuni studiosi ipotizzano origini comuni tra questo popolo anticamente insediatosi nei Colli Romani e i Celti dei Boschi nordici. Qui nel tempio-santuario romano si perpetuava un culto iniziatico così antico che si erano persi i significati. "Narra
la leggenda che questo paesaggio agreste era teatro di una misteriosa e
ricorrente vicenda: nel bosco sacro (in prossimità del punto
dove oggi risiede l’altare romano) cresceva isolato un albero
particolare, molto probabilmente una quercia, nei pressi del quale a
qualsiasi ora del giorno e della notte era possibile vedere una figura
che guardinga e fiera impugnava una spada nella mano destra. Si
guardava da un agguato che un nemico avrebbe potuto tendergli
cogliendolo all’improvviso con l’intenzione di
ucciderlo mediante un colpo inferto con un ramo spezzato
dall’albero sacro. La figura che si aggirava circospetta era
un sacerdote e un re allo stesso tempo: il re-sacerdote del bosco sacro. Se il
misfatto fosse avvenuto, lo sfidante, che la leggenda vuole fosse uno
schiavo fuggiasco, sarebbe succeduto al suo trono, finché a
sua volta non avesse subito la stessa sorte, alimentando il ciclo e
garantendo la continuità di un’antichissima
tradizione. La
funzione simbolica del re-sacerdote di Nemi era probabilmente quella di
dare vita alle proprietà feconde della dea Diana
accoppiandosi con lei nel giorno del Solstizio d’Inverno
all’interno del bosco sacro. Il successo
dell’unione era considerato dal popolo come segno di buon
auspicio per l’anno a venire, mentre il suo fallimento, segno
di sventura, decretava di fatto la fine del re e la
necessità di trovare immediatamente un suo successore
poiché egli rivelava di non essere più in grado
di assicurare alla sua gente protezione e fecondità. Il "rex nemorensis"
presiedeva simbolicamente al ciclo infinito della morte e rigenerazione
della vita, del continuo mutamento della natura che si trasforma e
rinnova con l’alternarsi delle stagioni. Incarnava quindi il
ruolo di rappresentante mortale del Dio della vegetazione e in
virtù di questa funzione s’accoppiava con la
sacerdotessa di Diana, capo della comunità e icona della Dea
della vita, per garantire la prosperità di ogni forma di
vita, vegetale e animale; poi veniva simbolicamente ucciso per
interpretare la fine del ciclo che si preparava a rinnovarsi con la
rinascita. Il rinnovamento del sacerdozio era pertanto un segno della continuità di un’antica tradizione. Nel mito del re nemorense si ritiene che l’arma con cui l’aspirante re affronta quello ancora in carica fosse un ramo della quercia sacra, ma è molto probabile che si tratti di un elemento puramente simbolico; alcune interpretazioni del culto infatti descrivono questo ramo come un ramoscello di vischio." (tratto da qui ) Il ramo d'oro di
William Turner Un’ampia
spiegazione di questo rito è stata fatta
dall’illustre antropologo scozzese sir James
George Frazer
(1854-1941), che ha reso Nemi famosa nel mondo della cultura col suo
libro Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione, opera
di fondamentale importanza nella storia dell’antropologia
moderna. Incuriosito dalle testimonianze storiche sul Rex Nemorensis, Frazer volle ricercare le
possibili spiegazioni d’un rituale tanto strano e cruento,
così poco ‘normale’ per la
civiltà romana. Investigando sui riti religiosi legati alla
natura, le stagioni e i raccolti in tutto il mondo, arrivò
alla conclusione che lo strano, crudele rito di successione del
re-sacerdote del bosco di Nemi sia da inscriversi in una serie di
antichissimi riti consimili, comuni a tutti i popoli celtici - ma anche
ad altri ceppi etnici, in Asia, in Africa, in America - che a volte,
enormemente sbiaditi, e, per così dire, addolciti,
sopravvivono ancora sotto forma di feste locali in occasione del
raccolto o della semina. In
buona sostanza, l’uomo primitivo - dice Frazer - identifica le
divinità con i fenomeni naturali (il tuono, il lampo, il
sole, la notte, il terremoto ecc.); e il rinnovamento annuale della
vegetazione, che porta al raccolto e alla sopravvivenza, è
uno dei fenomeni naturali che lo toccano più da vicino.
Quindi anche la vegetazione è un dio, e questo dio abita
nelle piante e ne segue la stessa sorte, ciclicamente invecchia e
ingiallisce, perde le foglie, si secca, ma poi torna a nuova vita in
primavera, e ci regala cibo rinverdendo e maturando i frutti. Ecco
sicché che il rappresentante del Dio della vegetazione, deve
ritualmente essere ucciso ogni anno per potere poi risorgere di nuovo
vigoroso e garantire magicamente il ritorno dei frutti. Un sacrificio
necessario per avere poi il risultato sperato: il raccolto. La
mentalità superstiziosa dei primitivi teme che senza rito
propiziatorio non si avrebbe il raccolto. Quindi, non potendo
sacrificare il Dio in persona, c’è bisogno
d’un suo rappresentante a cui far subire l’orribile
ma necessario destino di morte e risurrezione. E questo sacerdote deve
prendere, per essere legittimato al ruolo, il simbolo divino della vita
delle piante (il famoso ramo d’oro, il rametto di vischio che
cresceva sulla grande quercia sacra del Nemus);
dopo di che potrà scontrarsi col sacerdote in carica e
sostituirlo uccidendolo. Frazer
trascura di collegare questo rituale con quello
dell’uccisione matriarcale del divino paredro;
ma sicuramente un collegamento c’era, nella principale zona
di culto della Grande Dea. Il rex
nemorensis
(rappresentante mortale del Dio della vegetazione)
s’accoppiava con la sacerdotessa di Diana (capo della
comunità e rappresentante della Dea della vita) per
garantire tutte le forme di vita, vegetali e animali; e poi veniva
ucciso. Probabilmente veniva scelto con una gara, che doveva consistere
proprio nel riuscire a prendere il ramo d’oro. Poi, caduto il
matriarcato, il rito rimase con il solo scopo di favorire il ritorno
della vegetazione. (tratto da http://www.comunedinemi.it/jframe.html?excursus.html)
E chi volesse fare un escursione ecco l'itinerario. IL LAGO DI NEMI(tempo di Diana e Museo delle Navi) di Gaetano Bellucci e Silvana Cristofoli |
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IL VISCHIO NELLA TRADIZIONE
NATALIZIA Oggi il vischio è una pianta
benaugurale utilizzata
per decorare le porte e i vani di passaggio, è prassi scambiarsi
un bacio se
una coppia si trova sotto i suoi rami; un tempo bruciare
il vischio dell’anno vecchio significava
propiziare i raccolti e tenere lontano la malasorte. La
pianta è inoltre molto decorativa anche a feste passate, nel
suo disseccarsi prende un bellissimo colore dorato! TOSSICITA’ Tutte le parti della
pianta sono tossiche; quindi bisogna fare attenzione ai
bambini che, attirati dalla lucentezza perlacea delle bacche,
potrebbero avere la tentazione di mangiarle! Sono immuni i merli e
i tordi che
si nutrono delle bacche. (Cattia Salto, integrazione dicembre 2012) |
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PROPRIETA’ TERAPEUTICHE
(tratto dal sito Erboristeria
celtica) "i Galli credono che il vischio, preso come bevanda (l'acqua di Quercia), dia fecondità e operi da antidoto contro tutti i veleni… Credono che il vischio, macerato in forma di bevanda, doni la fertilità a ogni animale sterile, e che sia un rimedio contro tutti i mali… Alcuni pensano che il vischio sia più efficace se colto sulla quercia all'inizio della luna, senza usare arnesi di ferro e senza che tocchi terra; che guarisca l'epilessia, faccia concepire le donne che ne portano addosso e che, masticato e applicato sulle ulcere, le guarisca completamente". E' possibile che i druidi conoscessero le proprietà antitumorali del Vischio. E' utile ricordare che questa malattia non è affatto moderna ma era conosciuta già nell'antichità: se ne trova traccia persino in testimonianze egizie. Gli estratti di Vischio sembra che abbiano delle proprietà stimolanti sul sistema di difesa dell'organismo e specialmente sull'attività del timo. Gli infusi di rami e foglie hanno delle caratteristiche ipotensive, emodepurative e calmanti. Questa pianta è una fonte di composti cardiotonici che risultano molto utili nella cura delle affezioni a carico del sistema circolatorio.
I dosaggi devono essere sempre parsimoniosi perchè le bacche contengono dei principi tossici per il corpo umano.
Alcune leggende celtiche descrivono le pozioni di Airmed (Airmid), figlia del dio della medicina Diancecht. Questa celebre fitoterapeuta curava le malattie genitali con l'infuso di bacche di Vischio. I suoi impacchi fatti con foglie e frutti pestati erano utili per la cura delle affezioni ossee ed articolari. Airmed lasciava macerare per dieci giorni una parte di Vischio in venti parti di bevanda alcolica ottenendo un liquido efficace per risolvere i problemi legati alla menopausa. La stessa erborista suggeriva di far bollire una parte di Vischio in cinque di acqua per un breve periodo e poi addolcire la bevanda con miele: era utile per disintossicarsi e per curare la ritenzione idrica. Un'altra sua preparazione diceva di seccare il Vischio, ridurlo in polvere e farne un infuso negli ultimi tre giorni della luna nuova: si ottenendo così una potente cura contro l'epilessia. Airmed prescriveva anche un rimedio utile contro l'asma convulsiva, l'itterizia e la pazzia che consisteva in un infuso fatto con quattro parti di Vischio seccato e dieci di acqua. |
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MISTLETOE BOUGH SONGSASCOLTA La leggenda del vischio è una storia di fantasmi, forse di origine medievale, che è stata associata con molte antiche dimore inglesi.
ASCOLTA Steeleye Span in Winter 2004 (Ken Nicol)
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