I
TROBADORI |
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LA POESIA CORTESE Nel primo millennio in tutte le terre occitane, si parlava e sopratutto si scriveva l'antico occitano, "latino d'oc", vero archetipo di tutte le lingue padane, del provenzale, del catalano, dell'aquitano, ed ovviamente delle forme moderne di occitano e linguadoca. Proprio l'Occitano antico era la lingua dei poeti, ed essendo, al tempo, tutte le poesie provviste di musica, i poeti erano compositori ed esecutori di musica. Lo stesso italiano puo' essere considerato una variante dell'occitano antico, come lo sono il catalano, l'occitano moderno, il provenzale, la linguadoca, e molte lingue locali, quali il piemontese. E’ doverosa una distinzione tra l'occitano antico e il franco-occitano o franco-provenzale. A nord della terra occitana si parlava sopratutto il franco-occitano, l'antesignano della lingua francese, a volte impropriamente detto provenzale, era la lingua usata dai trovatori (trouvère) che in occitano si chiamavano trobador. La lingua nordica franco-occitana era gia` detta (nel 1000) "franseis" dagli occitani. E’ prevalsa
l’opinione comune che le due lingue si distinguessero per il
diverso modo di dire “si”: “oc”
per l’occitano “oil” per il francese. In
realtà l'affermazione del "franseis"
dell'epoca era un "oooi"
alquanto prolungato, simile alla affermazione in bolognese e nei casi
di affermazione certa veniva usato il si.
Mentre l’occitano usava
“si” oppure “aissi”
per dire “si”. L’Occitano fu la
lingua dei Poeti-Musici-Cantanti-Attori-Danzatori
e degli Artisti tutti, ma anche e soprattutto dei Giullari di corte e
delle compagnie recitanti nelle sagre e fiere dei paesi, una lingua
internazionale, diffusa dall’arte e dalla fama dei poeti
occitani e anche dallo stuolo dei poeti e musici italiani di area pedemontana-lombarda-veneta che
lavoravano alle corti dei vari signorotti e tutti di cultura Occitana. Si sono conservate di questo
periodo, che va dalla fine del XI secolo alla fine del XIII secolo)
più di 2.000 poesie (ma solo 300 melodie). |
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AB LA DOLCHOR DEL
TEMPS NOVEL Le corti feudali sono le sedi privilegiate della lirica occitana o trobadorica, che per questo è anche detta poesia cortese. Molti sovrani europei e grandi feudatari del tempo si dilettavano a comporre poesie destinate alla loro corte, una società culturalmente omogenea anche se sparsa in aree geograficamente diverse, altri esercitavano l’arte come una professione o una necessità. Le più antiche testimonianze in tal senso ci giungono dai Versi, una raccolta poetica di Guglielmo IX (1071-1126) potente feudatario, conte di Poitiers e duca d’Aquitania, non proprio ossequioso verso la Chiesa e la sua morale. Le poesie dei trovatori trattavano svariati argomenti, ognuno con una propria struttura melodica: la canso’ (la canzone d’amore di gusto aristocratico e cavalleresco); il jeu-parti (il duetto d’amore); l’aubade (Il canto dell’alba); la pastorelle (di carattere bucolico); il planth (il compianto, di argomento triste e doloroso); le canzoni di tela (intonate dalle donne durante i lavori di ricamo); le tenzoni (competizioni tra trovatori sui meriti dei loro versi); il sirventese (di carattere politico e satirico). Questa di Guglielmo d'Aquitania è una canso' ricca di metafore feudali, il poeta si dichiara vassallo della nobil dama e resta in attesa (trepidante e tremulo proprio come di notte il biancospino sul ramo) del suo beneficio (ossia che ella si degni di convocarlo ad un incontro amoroso). L'amore cavalleresco è un amore propriamente adulterino, del tutto incompatibile con il matrimonio (che al contrario equivale al possesso totale quantomeno dei corpi) in cui l'innamorato si (sotto)mette al completo servizio della sua Signora, la quale tuttavia resta irraggiungibile (ovvero non ricambia né spiritualmente e né fisicamente). L'innamorato è pienamente consapevole di questa sottomissione a senso unico e nella sofferenza eleva il suo spirito. La Dama è paragonata al sole, ed è Signora del suo cuore, da qui i gesti simbolici contenuti nel testo che richiamano la solenne cerimonia d'investitura feudale: l'anello regalato dall'amata al poeta, il giuramento di fedeltà e il gesto di protezione insito nel coprire le mani del vassallo con il mantello. La poesia si conclude con un topos del genere: l'invidia dei cortigiani di cui il poeta non si cura. In realtà Guglielmo IX era un gaudente che scriveva canzoni licenziose e molto più esplicite di questa! Ma la Signora riusciva veramente a restare algida e altera sul suo piedistallo o piuttosto nel segreto dell'alcova cedeva all'amore? ASCOLTA Brice Duisit La linea del canto monodico è accompagnato da uno strumento, spesso una ghironda o, come in questo caso da una viella. Per le mie orecchie di piemontese del Monferrato il testo così come parlato è abbastanza comprensibile. |
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Ab
la dolchor del temps novel (Guglielmo IX) |
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NOTE: 2) il biancospino è il ramo del Maggio e dei suoi rituali, metafora della primavera e del risveglio della natura. continua 3) guerra fi = fine della guerra 4) letteralmente: da mettere le mani sotto il suo mantello: nell'esplicita allusione sessuale, il poeta è inginocchiato accanto alla Signora intento a far ben altro che a ricevere l'investitura feudale! 5) Buon-Vicino è il senhals ovvero il soprannome con cui il poeta identifica la sua dama, senza dirne il vero nome (anche perchè di certo lei era sposata con un nobile signore) 6) il poeta non ha bisogno di andare in giro a vantarsi della conquista amorosa, perchè preferisce "andare al sodo": la pessa= il pezzo è tradotto a volte come di pane e a volte di carne. Si tratta di un esplicito riferimento erotico-culinario! |
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L'AMOR CORTESE NEL
MEDIOEVO L'amor cavalleresco celebrato nelle canzoni dei trovatori e trovieri medievali era una grande novità dei tempi. Se si vuole semplificare, era la sublimazione degli impulsi sessuali incanalati verso il concetto di donna angelicata, la quale non più oggetto passivo diventava agente e sorgente di una sorta di perfezionamento o estrinsecazione delle migliori qualità di un uomo.
Sono stati versati fiumi d'inchiostro sull'amor cortese e illustri medievalisti hanno espresso pareri discordi sul fatto che tale amore sarebbe stato un fenomeno esclusivamente letterario. E tuttavia un'espressione dello spirito del tutto originale nata nel Medioevo intorno al concetto di una donna non più considerata come bottino di guerra, puttana-amante con cui sfogare gli impulsi sessuali e provare piacere o da sposare per contratto per avere una discendenza, ma come creatura superiore: dapprima una signora-padrona in senso feudale e poi un donna angelicata una guida superiore verso l'estasi religiosa. Una Dama che, vista attraverso gli occhi della psicanalisi, finisce per diventare un alterità assoluta e imperscrutabile. Ma ahimè mai come una compagna! FONTI (Cattia Salto, integrazione
primavera 2013) |
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