Privacy Policy Child Balld: Lady Diamon

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LADY DIAMOND O IL PADRE CRUDELE

L'amore contrastato dalle famiglie con tanto di finale tragico era uno dei temi favoriti nei racconti medievali e rinascimentali, così la storia di Gismonda (come la chiama il Boccaccio) era cantata da trovatori e menestrelli di tutta l'Europa: la vicenda prende le premesse dall'amore tra la figlia di un re e un servitore. Il re disapprova e fa uccidere il servo, così anche la figlia del re si suicida, il padre si pente ma è troppo tardi. Il particolare macabro che non poteva che far rabbrividire il pubblico del tempo è quello del cuore strappato dal petto del ragazzo e servito in una coppa alla ragazza (in alcune versioni come pietanza). La ballata è riportata al numero 269 dal professor Child e trascritta in cinque versioni. Le versioni testuali selezionate per l'ascolto si rifanno per lo più alla VERSIONE C e come spesso accade per le ballate le melodie abbinate ai testi non sono univoche.

 

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LA NOVELLA DI BOCCACIO (XIV sec)

Nella quarta giornata del Decamerone si narra la storia di Tancredi e Ghismunda

Tancredi prenze di Salerno
uccide l’amante della figliuola

e mandale il cuore in una coppa d’oro;

la quale, messa sopr’esso

acqua avvelenata, quella si bee, e così muore.

 

 

Così è riassunta da Giordano Dall'Armellina

Tancredi, principe di Salerno, aveva una sola figlia di nome Ghismonda. La amava in maniera possessiva e sebbene Ghismonda fosse in età da matrimonio, non voleva prendere in considerazione per lei le proposte dei giovani nobili. Un giorno, tuttavia, dovette cedere al duca di Capua e la fece sposare a suo figlio. Sfortunatamente il matrimonio durò solo pochi mesi a causa della prematura morte del figlio del duca. Ghismonda dovette ritornare dal padre sperando che le avrebbe trovato un altro marito. Il vecchio padre, invece, era ben felice di avere la figlia tutta per sé. Ma Ghismonda era molto giovane e bella e non voleva rinunciare ai piaceri del sesso. Pensò bene di trovarsi un amante valoroso e segreto. Preferiva fra tutti il paggio del principe, un uomo di umili origini ma distinto e di nobile portamento. Si innamorò di lui e il paggio ricambiò, tanto che cominciarono a bruciare di desiderio l'uno per l'altra. Per mezzo di un passaggio segreto i due amanti cominciarono ad incontrarsi, senza essere visti, nella stanza di Ghismonda quasi ogni giorno. Come scrisse Boccaccio: “Ma la fortuna, invidiosa di così lungo e di così gran diletto, con doloroso avvenimento la letizia dei due amanti rivolse in tristo pianto."

Era usanza di Tancredi soffermarsi di tanto in tanto nella stanza della figlia per parlare con lei. Accadde che un giorno, mentre Ghismonda era in giardino, nessuno lo vide entrare nella stanza. Attendendola si sedette su un divano che era presso la finestra nascosto da una tenda e si addormentò. Mentre dormiva i due amanti entrarono e, con le loro effusioni amorose, svegliarono Tancredi il quale li vide ma ritenne di non intervenire. Passato un lungo tempo, Guiscardo ritenne fosse l'ora di andare e anche Ghismonda uscì dalla camera. Tancredi, per non farsi vedere, si calò dalla finestra e tornò corrucciato alla sue stanze. Ad un suo comando, la stessa notte, due uomini presero Guiscardo e lo portarono al cospetto di Tancredi il quale gli disse: “Guiscardo, la mia benignità verso te non avea meritato l'oltraggio e la vergogna la quale nelle mie cose fatta m'hai, sì come io oggi vidi con gli occhi miei.

Al quale Guiscardo niuna altra cosa disse se non questo:  “Amor può troppo più che né voi né io possiamo.”(1)

Tancredi diede poi ordine che Guiscardo fosse tenuto sotto sorveglianza in una stanza del palazzo. Il giorno seguente Tancredi incontrò Ghismonda e le disse che li aveva visti nella sua stanza, che Guiscardo era stato arrestato e che sarebbe morto il giorno seguente. Non poteva sopportare che la figlia avesse fatto l'amore senza essere sposata e per di più con un giovane di vilissima condizione. Ghismonda fu colta da un dolore incommensurabile ma si contenne e trattenne le lacrime e il suo spirito fiero trionfò sulla sua debolezza femminea. Dato ormai per scontato che per il suo Guiscardo non c'era più speranza, rivolse a se stessa pensieri di morte.

Tancredi non credette alle parole della figlia che diceva di volersi suicidare e continuò a pianificare la sua vendetta su Guiscardo. Diede disposizione che fosse strangolato, che gli si cavasse il cuore e che gli fosse portato.

Il giorno seguente il cuore di Guiscardo stava in una splendida coppa d'oro e Tancredi lo inviò a sua figlia pregando il famigliare preposto alla consegna di riferire queste parole: “Il tuo padre ti manda questo, per consolarti di quella cosa che tu più ami, come tu hai lui consolato di ciò che egli più amava”.

 

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Nel frattempo Ghismonda si era fatta mandare erbe e radici velenose per averle pronte alla bisogna.(2)

Quando scoperchiò la coppa e vide il cuore disse: “Non si conveniva sepoltura men degna che d'oro a così fatto cuore chente questo è; discretamente in ciò ha il mio padre adoperato. E così detto, appressatoselo alla bocca, il baciò, e poi disse: “In ogni cosa sempre e infino a questo estremo della vita mia ho verso me trovato tenerissimo del mio padre l'amore, ma ora più che giammai; e per ciò l'ultime grazie, le quali render gli debbo giammai, di così gran presente da mia parte gli renderai”.

Dopodiché versò il distillato di veleno nella coppa e, dopo aver versato molte lacrime, ne bevve il contenuto(2). Si mise sul letto ed aspettò la morte. Tancredi, avvisato dalle damigelle dell'accaduto irruppe nella camera. La figlia morente gli chiese un ultimo desiderio: di essere seppellita con Guiscardo. Così Boccaccio conclude la novella: Così doloroso fine ebbe l'amor di Guiscardo e di Ghismonda, come udito avete; li quali Tancredi dopo molto pianto, e tardi pentuto della sua crudeltà, con general dolore di tutti i salernetani, onorevolmente amenduni in un medesimo sepolcro gli fe'sepellire.

In quest’ultima parte della novella Boccaccio riprende il classico tema popolare europeo, presente in numerose ballate, degli innamorati seppelliti nella stessa tomba. Di solito dalla tomba nascono piante e fiori che si intrecciano per simboleggiare l’amore eterno.

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Joseph Edward Southall:Sigismonda Drinking the Poison 1897

 

NOTE DI CATTIA SALTO
1) non si può non commentare il verso (le uniche parole messe in bocca a Guiscardo, che è chiaramente una riduzione in prosa del famosissimo verso dantesco "
Amor, ch'a nullo amato amar perdona" (Inferno, V, 103) il quale dice semplicemente che chi è amato non può fare a meno di amare ricambiando. Il detto non è propriamente veritiero ossia quando non scoppia la scintilla in tutt'è due gli sguardi colui che ama può si cercare di fa nascere l'amore anche nell'altro, ma spesso viene ricambiato solo con una forma di affetto diciamo "riconoscente" o empatico più che dall'amore ardente. E tuttavia Guiscardo si giustifica dicendo di essere stato travolto dall'amore passionale e di non aver potuto se non ricambiare l'amore sincero di Ghismonda. Insomma il colpevole di tutta la storia non è altri che Amore, il putto con tanto di ali e arco che tira le frecce sui mortali malcapitati secondo il suo capriccio.. Come Dante non possiamo che essere mossi a compassione verso i due innamorati

2) c'è un che di stregonesco nel rituale che richiama nella mente dei convenuti (o perlomeno nella mia) il filtro d'amore bevuto da Tristano e Isotta

 

LA VERSIONE SCOZZESE: LADY DIAMOND

La ballata si ritrova in molte tradizioni popolari sia in forma di canto che di racconto, in Scozia la principessa innamorata si chiama Diamond (Daisy, Dysmal, Dysie) e il suo Principe Azzurro è solo uno sguattero delle cucine, perciò il loro amore non può che concludersi tragicamente. Per la verità anche un'altra ballata di Child, Willy of the Winsbury, racconta della storia d'amore tra una principessa e un servitore, ma il protagonista potrebbe essere nientemeno che Giacomo V di Scozia sotto mentite spoglie che si innamora di una delle figlie del re di Francia (vedi).

Diciamo che nell'Alto Medioevo non era insolito per un guerriero audace conquistare terre e regni con la spada e il cuore, ma man mano che le dinastie si assestavano dopo le ondate di genti barbare che si spartirono quello che restava dell'Impero Romano, non era più così semplice per un figlio di nessuno "fare carriera" nelle file della Nobiltà (anche se c'erano sempre le prebende alle cortigiane di letto del re, con tanto di titoli nobiliari assegnati anche ai loro compiacenti mariti e famigliari..)

In questa storia il personaggio cardine è piuttosto il Re che ama la figlia in modo quasi morboso e vendica il suo onore con l'uccisione del rivale. Poi in alcune versioni si pente per aver causato indirettamente la morte anche della figlia, morta di crepacuore più che di veleno!

L'amore cavalleresco (il fin amor, l'amore perfetto) che nobilita l'uomo rendendolo virtuoso, si muta in fol amor, un desiderio carnale devastante (sulla scorta di Tristano e Isotta, Romeo e Giulietta) un amore passione che porta inevitabilmente alla sofferenza.

ASCOLTA TESTI E TRADUZIONE continua

 

 

(Cattia Salto giugno 2014)

 

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