Privacy Policy Feste del Maggio nella Tradizione Italiana: il sud-italia

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RITI DI PRIMAVERA

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arbor.gifIL MAGGIO

Introduzione

Tradizione Nord-Italia

Tradizione Centro-Italia

Tradizione Sud-Italia

LO SPOSALIZIO DEGLI ALBERI e L'ALBERO DELLA CUCCAGNA

Lo sposalizio degli alberi è una cerimonia primaverile basato sull'unire "un fusto" ad una "cima" frondosa quale auspicio di fecondità, ma anche l’unione della universitas di uomini presenti su un territorio e gli alberi, un modo per rivendicare lo stretto legame affettivo ed economico tra la popolazione umana e la popolazione arborea.

C’e una forte simbologia sessuale nel rituale: il tronco del "maggio" s’incontra e si unisce con la "cima", che rappresenta la parte femminile in questo “matrimonio” dell’albero. Il rito di fertilità che propizia il buon andamento dei seminati e dei raccolti termina con l’abbattimento dell’albero.

BASILICATA

Accettura (Mt) La festa del Maggio inizia il giorno dell’Ascensione quando un gruppo di boscaioli si reca nel vicino bosco di Montepiano dove sceglie ed abbatte il cerro più alto e più dritto: il “Maggio”. Il giorno della Pentecoste i contadini si recano nel bosco di Gallipoli-Cognato dove scelgono la “Cima” di agrifoglio più frondosa da sposare con il Maggio. Il cerro, cioè il Maggio, è trascinato dai buoi, mentre la Cima viene trasportata a spalla, affinché non si sciupi. Raggiunto il paese la Cima e il Maggio vengono accolti con grande gioia, con concerti bandistici ed offerta di vino e prodotti tipici del luogo.

Il martedì dopo la Pentecoste, verrà celebrato il matrimonio tra il Maggio e la Cima. La Sagra si conclude con la gara tra diverse squadre di cacciatori, che a turno sparano sulle targhette metalliche legate tra i rami della Cima, e con la scalata del Maggio. Colui che riesce a raggiungere la Cima diventa per quel giorno l’eroe del paese e l’immagine umana dell’albero conquistato. Prima di scendere si appende ai rami della cima a testa in giù rimanendo sospeso nel vuoto per alcuni minuti, fra l’apprensione e lo stupore della folla.

FONTE Matera Turismo

 

Castelmezzano (Pz) il "Masc" - festa di Sant'Antonio da Padova settembre

Castelsaraceno (Pz) - Festa della 'ndenna - fine maggio prima metà di giugno.

Qui il matrimonio rituale si svolge tra un faggio (la 'ndenna) e la chioma di un pino (lacunocchia).

Gorgoglione (Mt) - il Maggio - festa della Madonna del Pergamo, 11 giugno

 

Oliveto Lucano (Mt) inserito nella ricorrenza religiosa di san Cipriano, protettore del paese nei giorni 10, 11 e 12 agosto c’e la manifestazione del "Maggio". Il "Maggio" non e altro che il fusto di un albero di cerro che abbattuto nella foresta di Gallipoli - Cognato e privato di rami e foglie, viene trainato in paese dai trattori. Al "Maggio" viene unito un agrifoglio, anch'esso tagliato nel bosco, al quale vengono legate delle targhette indicanti i premi e viene eretto in periferia in località "Dietro la Niviera". Un nutrito numero di cacciatori, a turno, spara per colpire la targhetta ed aggiudicarsi il premio. Se alla fine, alcuni premi sono rimasti sull'albero, sono poi i cimaioli a scalare il "Maggio" per aggiudicarsi i premi rimasti.

 

Pedali di Viggianello (PZ)- Nei boschi, ogni anno - per ben tre volte - la prima settimana dopo Pasqua, l'ultima domenica d'agosto e la seconda domenica di settembre - vengono abbattuti gli alberi di faggio, 'Pitu’ e ‘Cuccagna’, destinati al trasporto con i buoi in paese. Un terzo albero viene abbattuto, la 'Rocca', un abete, che andrà a unirsi alla 'Cuccagna' o alla 'Pitu', a esprimere la fusione della forza virile e della fecondità femminile e a simboleggiare la fecondità della terra. Prima del trasporto, gli animali ('paricchi') e i bovari ('gualani') vengono benedetti sul sagrato della chiesa

 

Pietrapertosa (Pz) - la festa di sant'Antonio da Padova (sabato successivo al 13 giugno) coincide con la festa del “mascio”.

E’ articolata in tre fasi: nella prima, il 13 giugno di ogni anno, viene abbattuto un cerro individuato e riconosciuto come re del bosco. E’ detto Mascio. Nella seconda fase, il sabato successivo al 13 giugno, è abbattuto un altro albero: un agrifoglio scelto tra quelli più ricchi di rami e di foglie.

E’ detto “Cima”: e la regina del bosco. Il giorno dell’abbattimento e del trasporto della “Cima” ha luogo anche il trasporto del “Mascio” che, nel frattempo e già stato privato dei rami e scortecciato. Il “Mascio” e trascinato da diversi “Paricchi” (pariglie di buoi); mentre la “Cima” da una coppia di giovani vacche. Ogni azione, corrispondente alle fasi di abbattimento dei due alberi e del loro trasporto in paese, è allietata dal suono degli organetti e da copiose bevute di vino. Un tempo dal suono delle zampogne dette “suoni”. La terza fase si realizza in paese, dove i due alberi sono trionfalmente introdotti ed accolti con grande gioia, espressa da gruppi bandistici e offerta di vino e biscotti a tutti i presenti. Biscotti vengono appese alle corna dei buoi. Il giorno successivo al trasporto, mentre il “ Mascio “ e la “Cima” vengono innestati l’uno all’altra quasi a simboleggiare una sorta di matrimonio tra le due più belle piante del bosco, si svolge la parte più propriamente religioso-cristiana con la processione della statua di sant’Antonio e dei “Cirii” (composizioni artistiche di candele) che le donne portano sul capo e con cui ballano, a più riprese, al suono di organetti. Il mascio viene innalzano in piazza con le funi: tecnica che richiede grande forza fisica. Il pomeriggio, infine, ha luogo la fase conclusiva, articolata in due tempi che esprime e conclude quella tensione competitiva, che caratterizza i diversi momenti della festa. Nel primo diverse squadre di cacciatori, radunati per l’occasione sparano a turno alle targhette-premio appese ai rami della “Cima”. Nel secondo, dopo vari tentativi effettuati come prova ed occasione di esibizione, da parte dei giovani, il ”Mascio” viene scalato a braccia da colui che, per questa occasione, diventa, almeno per un giorno, l’eroe del paese e l’immagine umana dell’albero conquistato (prende i premi rimasti in palio). Con la scalata è riconfermata ed espressa simbolicamente, attraverso la competizione, il coraggio e la forza di un campione, la presa di possesso ed il controllo dell’uomo sul bosco.

 

Rotonda (Pz) FESTA DEL PITU - SANT'ANTONIO DA PADOVA -giugno

Il rito ha quale finalità il “matrimonio arboreo” tra un abete di più modeste dimensioni, la “a rocca”, ed un enorme faggio (una volta si trattava di un grosso abete, tant’è che il dialetto locale ne conserva il nome), “a pitu”. Nella notte tra l’8 ed il 9, i numerosi componenti del gruppo della “rocca”, i cosiddetti “roccaioli”, partono dalla località Santa Maria, nei pressi del Santuario della Madonna della Consolazione, per dirigersi verso i boschi di uno dei comuni limitrofi rientranti nel Parco Nazionale del Pollino.

L’abete che diverrà “a rocca” era già stato scelto la seconda domenica di maggio e nella notte tra l’8 e il 9 giugno verrà raggiunto per essere, come tradizione vuole, “sottratto” nel bosco di uno dei paesi gravitanti nel Parco Nazionale del Pollino.

Successivamente, “a rocca” verrà condotta in località “Vacquarro” dove resterà in attesa di potersi congiungere in matrimonio col maestoso faggio, “a pitu”, e, in seguito il giorno 13, i due alberi stretti in un definitivo abbraccio verranno issati, servendosi di forche e corde, con il solo ausilio dei muscoli dei lavoranti, come un obelisco davanti alla sede municipale. Contemporaneamente, altri gruppi di persone, i “pitaioli”, nella notte tra l’8 e il 9 giugno, si dirigono verso la località dove già dalla prima domenica di maggio era stata scelta “a pitu”, e nella mattinata del 9 l’abbatteranno, la sgrosseranno coi motosega per poi darle l’ultimo tocco di rifinitura con le affilate accette sapientemente maneggiate dai maestri d’ascia squadratori. L’11 giugno, “a pitu” trainata da almeno 13 coppie di buoi, i “paricchi”, ed “aiutata” negli spostamenti dai “pannulari” (la “pannula” è un ramo di faggio sfrondato dai ramoscelli e levigato, che viene usato come leva per favorire gli spostamenti, soprattutto in curva, del grosso tronco trainato dai buoi), in località Piano “Pedarreto”, si unisce alla “rocca” ed insieme, accompagnate da alcune decine di faggi, sfrondati e lisciati, “i porfiche”, trainati da uno o più buoi, relativamente alle minori o maggiori dimensioni dei tronchi, iniziano il “corteo arboreo” che li porterà verso il paese tra ripetute esclamazioni di evviva e canti religiosi. Il percorso, di circa 9 km, è un susseguirsi di canti, di danze, di bevute di vino ed altre vettovaglie offerte a tutti a devozione di sant’Antonio; un vero e proprio cerimoniale, unico nel suo genere.

Nel primo pomeriggio del 12 giugno, dopo aver trascorso la nottata in località “Puzziceddri”, gli alberi e i gruppi dei “pitaioli”, dei “roccaioli” e delle “porfiche” incontreranno nei pressi del Santuario della Madonna della Consolazione, le autorità locali e tutti quei cittadini e viandanti che non hanno partecipato allo svolgimento dei festeggiamenti in montagna, per poi dirigersi verso il centro del paese dove, nel tardo pomeriggio, alle vibrate e sentite parole del parroco e del sindaco, per il buon andamento dei festeggiamenti e per la immutata devozione al Santo, farà seguito l’innalzamento a braccia, sulla piazza principale del paese, dell’ “a pitu” (insieme al grosso albero verrà issato, in piedi su di esso il “capurale d’a pitu” ossia la persona che per tutto lo svolgimento della Sagra ha la responsabilità del buon andamento del rito; esiste anche il “capurale d’a rocca”) che l’indomani, nella mattinata del 13, verrà issata strettamente congiunta all’ “a rocca” e, insieme, saranno innalzate verso il cielo davanti alla sede municipale per restarvi fino al primo sabato del maggio successivo, giorno in cui “a pitu” e “a rocca” verranno abbattute per far posto alle piante nuovamente scelte.

 

Terranova del Pollino (Pz) - festa di S. Antonio da Padova 13 giugno

CALABRIA

Albidona (CS), il pino d’Aleppo è chiamato “pioca”. Nelle feste di San Michele e di Sant’Antonio si usava tagliare un pino nei vicini boschi, il quale veniva trasportato in paese con una coppia di buoi, e con l’accompagnamento di suoni d’organetto e di tamburello. Oggi, vari gruppi di giovani lo trasportano con il camion e con il trattore, sempre con suoni, canti, balli e ...vino . Quando si trasportava con i buoi, le donne, che si recavano pure nei boschi, facevano fasce di “ramaglie”, se le mettevano sul capo e giungevano in paese ballando la tarantella. La “pioca” veniva eretta nelle varie piazzette del centro abitato, e di sera, alla fine della festa, veniva data al fuoco, ancora con balli e canti popolari. Si diceva che la “pioca” era fatta per onorare i santi del paese: San Michele il Protettore e Sant’Antonio da Padova.

 

Alessandria del Carreto (CS) festa di sant'Alessandro martire - fine aprile

La Festa della pita ha inizio una settimana prima con il taglio di un albero alto circa venti metri. L’abete, scelto giorni prima nel bosco di Spinazzeta, viene portato per una pista sterrata e ripida, tramite pertiche legate al tronco con “tortiglie” di pruno selvatico, da circa 70 tiratori, mentre gruppi di ragazzi suonano strumenti musicali, ballano ed altri offrono e bevono bicchieri di vino. Il giorno della festa l’albero viene issato al centro della piazza e sulla cima vengono attaccati cibi, oggetti di valore, capretti e dolci. Nel pomeriggio si svolge la festa con la salita sull’albero da parte di volontari. Il successivo abbattimento dell'albero secondo la tradizione locale permette la fuoriuscita dello spirito arboreo che si diffonderà per i campi e li renderà fertili.

 

Bocchigliero della Sila i maji - Festa di san Rocco (21 agosto) e della Madonna deJesu (5 agosto). La pianta di un giovane pino privato completamente della corteccia, i cui rami vengono sistemati a forma di sfera, una sull'altra, fino alla cima. Vengono rivestiti ed addobbati abbondantemente di biscotti e di mostaccioli fatti in casa. Un tempo si usava mettere anche un gallo in cima, o forme di animaletti in pasta di caciocavallo.

 

A Martone calabro per la festa di san Giorgio si innalza a 'ntinna, alto albero di faggio, viene addobbato di salami, formaggi e dolci (sguti) a forma rotonda con un uovo bollito messo nel centro. Tipico dolce calabrese utilizzato nel periodo pasquale.

Venerdì notte in un susseguirsi di festa, e di gioia, quasi tutto il paese si porta in montagna ad assistere all'abbattimento dell'albero di faggio. Verrà poi trasportato in paese da due buoi, dove il sabato mattina avrà l'incontro con san Giorgio che esce dalla sua Chiesa per essere collocato nella Chiesa Matrice. Sabato sera dopo essere stata addobbata e sul punto più alto collocato un ramo di pino, verrà issata. Una specifica ritualità accompagna lo sforzo di diecine di persone che con le funi innalzano a 'ntinna. Fino a pochi anni  intrepidi ragazzi facevano a gara a chi riuscisse a salire fino al punto più alto (mediamente 25/26 metri).

CAMPAGNA

La tradizione del majo si ha nell’avvellinese il 30 novembre a Sirignano in occasione della festività del patrono sant’Andrea Apostolo; il 17 gennaio a Quadrelle (festività

di sant’Antonio Abate); il 20 febbraio a Sperone (festività del patrono sant’Elia Profeta). A Baiano per il Natale e Santo Stefano In ciascuno di questi paesi la festa ha ritualità specifiche.

 

Ad Avella durante la settimana di Carnevale le vie del paese di diventano teatro dell'esibizione di cantanti locali, che intonano composizioni tradizionali. Oltre alla “Canzone di Zeza” e “E mise” c’e “Lu laccio d'ammore” che viene intonata per le strade di Avella nei giorni del Carnevale, e anche detta Ballintrezzo (una tradizione comune a diverse località campane). Un grande palo, sorretto da una persona, viene eretto nella Piazza. Attorno ad esso danzano i partecipanti. Il palo e detto Maio. Il ballo consente, come era costume nei tempi antichi, la partecipazione ai soli uomini: quindi dei 24 danzatori, 12 sono vestiti da donna.

 

Il 1° maggio a Nocera Superiore si rivive l'antica festa del Majo a ricordo e rivisitazione di una antica disputa tra la città e Roccapiemonte. Il corteo storico parte nel pomeriggio dal battistero di Santa Maria Maggiore, recando il majo, l'alberello infiocchettato simbolo della ritrovata concordia da rendere in omaggio alla Madonna di Materdomini. Nella piazza del santuario si incontreranno i cortei di Maria Montella, Bibliografia: I Mai del Baianese di Galante Colucci Roccapiemonte e della Confraternita del Santo Rosario e, tutti insieme, partecipano alla cerimonia religiosa nella basilica.

 

A Castel San Giorgio (SA) il 12 maggio si festeggia il patrono san Pancrazio e si realizza il Biscotto del Maggio. Il giorno prima della ricorrenza si porta in piazza l'albero della cuccagna o albero del Maggio e lo si posiziona per i giochi del giorno successivo. Questa operazione avviene secondo schemi ben precisi e si chiama "Arzatadel Maggio". Il giorno dopo, secondo quanto stabilito da un antico statuto, solo al termine dei festeggiamenti religiosi si può dare inizio alla "Rancata del Maggio" cioè al gioco dell'Albero della Cuccagna (c'e un detto popolare che recita:

"Nessuno rancasse sul maggio sin che 'l santo nun e rentro in chiesa"), alla tombola e ai fuochi d'artificio. In occasione della festa la piazza viene abbellita con dei pali ricoperti di bosso.

Gli storici locali sostengono che la “festa del Maggio” esisteva a Castel Giorgio fin già da qualche anno prima del 1624 risultando ciò da documentazione di archivio ed intendendo per “festa del maggio”, soprattutto il “solito palo”. Il Bando documentale disponeva appunto che il “solito Magio” doveva essere piantato [e non alzato], solo dopo l’arrivo della processione e solo dopo che il “Signore”, [figura che sarà sostituita dall’attuale Festarolo del Maggio], dei Bifolci [agricoltori del contado], aveva portato il solito Cero in Chiesa. Si sostiene che nel contesto del periodo napoleonico e con il cambiamento della nuova borghesia agraria, anche la festa del Maggio cambia e si trasforma probabilmente in quella attuale e cioè l’ arzata la sera dell’11 maggio [vigilia] e la rancata il 12 maggio.

 

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Introduzione

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A cura di Cattia Salto (aprile 2013)

 

FONTE

L'uomo e gli alberi, i rituali del Palo di Gabriele Tardio (siglato con GT)

 

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