RITI DI PRIMAVERA |
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IL MAGGIO |
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LO
SPOSALIZIO DEGLI ALBERI e L'ALBERO DELLA CUCCAGNA Lo
sposalizio degli alberi è una cerimonia primaverile basato
sull'unire "un fusto" ad una "cima" frondosa quale auspicio di
fecondità, ma anche l’unione della universitas di uomini presenti su un territorio e gli alberi,
un modo per rivendicare lo stretto legame affettivo ed economico tra la
popolazione umana e la popolazione arborea. C’e
una forte simbologia sessuale nel rituale: il tronco del "maggio"
s’incontra e si unisce con la "cima", che rappresenta la
parte femminile in questo “matrimonio”
dell’albero. Il rito di fertilità che propizia il
buon andamento dei seminati e dei raccolti termina con
l’abbattimento dell’albero. BASILICATA Accettura (Mt) La festa del Maggio inizia il giorno
dell’Ascensione quando un gruppo di boscaioli si reca nel
vicino bosco di Montepiano dove sceglie ed abbatte il cerro più alto e più dritto: il
“Maggio”. Il giorno della Pentecoste i contadini si
recano nel bosco di Gallipoli-Cognato dove scelgono la “Cima” di agrifoglio più frondosa da sposare con il Maggio.
Il cerro, cioè il Maggio, è trascinato dai buoi,
mentre la Cima viene trasportata a spalla, affinché non si
sciupi. Raggiunto il paese la Cima e il Maggio vengono accolti con
grande gioia, con concerti bandistici ed offerta di vino e prodotti
tipici del luogo. Il
martedì dopo la Pentecoste, verrà celebrato il
matrimonio tra il Maggio e la Cima. La Sagra si conclude con la gara
tra diverse squadre di cacciatori, che a turno sparano sulle targhette metalliche
legate tra i rami della Cima, e con la scalata del Maggio. Colui che
riesce a raggiungere la Cima diventa per quel giorno l’eroe
del paese e l’immagine umana dell’albero
conquistato. Prima di scendere si appende ai rami della cima a testa in
giù rimanendo sospeso nel vuoto per alcuni minuti, fra
l’apprensione e lo stupore della folla. FONTE Matera Turismo Castelmezzano (Pz) il "Masc" - festa di Sant'Antonio da Padova settembre Castelsaraceno (Pz) - Festa della 'ndenna - fine maggio prima metà di giugno. Qui
il matrimonio rituale si svolge tra un faggio (la 'ndenna) e la chioma di un pino (lacunocchia). Gorgoglione
(Mt) - il Maggio - festa della Madonna del Pergamo, 11
giugno Oliveto
Lucano (Mt) inserito nella ricorrenza religiosa di san
Cipriano, protettore del paese nei giorni 10, 11 e 12 agosto
c’e la manifestazione del "Maggio". Il "Maggio" non e altro
che il fusto di un albero di cerro che abbattuto nella foresta di
Gallipoli - Cognato e privato di rami e foglie, viene trainato in paese
dai trattori. Al "Maggio" viene unito un agrifoglio, anch'esso tagliato
nel bosco, al quale vengono legate delle targhette indicanti i premi e
viene eretto in periferia in località "Dietro la Niviera". Un nutrito numero di cacciatori, a turno, spara
per colpire la targhetta ed aggiudicarsi il premio. Se alla fine,
alcuni premi sono rimasti sull'albero, sono poi i cimaioli a scalare il "Maggio" per aggiudicarsi i premi
rimasti. Pedali
di Viggianello (PZ)-
Nei boschi, ogni anno - per ben tre volte - la prima settimana dopo
Pasqua, l'ultima domenica d'agosto e la seconda domenica di settembre -
vengono abbattuti gli alberi di faggio, 'Pitu’ e ‘Cuccagna’,
destinati al trasporto con i buoi in paese. Un terzo albero viene
abbattuto, la 'Rocca', un abete, che andrà a unirsi alla
'Cuccagna' o alla 'Pitu', a esprimere la fusione della forza virile e
della fecondità femminile e a simboleggiare la
fecondità della terra. Prima del trasporto, gli animali ('paricchi') e i bovari ('gualani') vengono benedetti sul sagrato della chiesa Pietrapertosa (Pz) - la festa di sant'Antonio da Padova (sabato
successivo al 13 giugno) coincide con la festa del “mascio”. E’
articolata in tre fasi: nella prima, il 13 giugno di ogni anno, viene
abbattuto un cerro individuato e riconosciuto come re del bosco.
E’ detto Mascio. Nella seconda fase, il sabato successivo al 13
giugno, è abbattuto un altro albero: un agrifoglio scelto
tra quelli più ricchi di rami e di foglie. E’
detto “Cima”: e la regina del bosco. Il giorno
dell’abbattimento e del trasporto della
“Cima” ha luogo anche il trasporto del “Mascio” che, nel frattempo e già
stato privato dei rami e scortecciato. Il “Mascio” e trascinato da diversi “Paricchi” (pariglie di buoi); mentre la
“Cima” da una coppia di giovani vacche. Ogni
azione, corrispondente alle fasi di abbattimento dei due alberi e del
loro trasporto in paese, è allietata dal suono degli
organetti e da copiose bevute di vino. Un tempo dal suono delle
zampogne dette “suoni”. La terza fase si realizza
in paese, dove i due alberi sono trionfalmente introdotti ed accolti
con grande gioia, espressa da gruppi bandistici e offerta di vino e
biscotti a tutti i presenti. Biscotti vengono appese alle corna dei
buoi. Il giorno successivo al trasporto, mentre il “ Mascio “ e la “Cima” vengono
innestati l’uno all’altra quasi a simboleggiare una
sorta di matrimonio tra le due più belle piante del bosco,
si svolge la parte più propriamente religioso-cristiana con
la processione della statua di sant’Antonio e dei “Cirii” (composizioni artistiche di candele)
che le donne portano sul capo e con cui ballano, a più
riprese, al suono di organetti. Il mascio viene innalzano in piazza con le funi: tecnica che
richiede grande forza fisica. Il pomeriggio, infine, ha luogo la fase
conclusiva, articolata in due tempi che esprime e conclude quella
tensione competitiva, che caratterizza i diversi momenti della festa.
Nel primo diverse squadre di cacciatori, radunati per
l’occasione sparano a turno alle targhette-premio appese ai
rami della “Cima”. Nel secondo, dopo vari tentativi
effettuati come prova ed occasione di esibizione, da parte dei giovani,
il ”Mascio” viene scalato a braccia da colui che,
per questa occasione, diventa, almeno per un giorno, l’eroe
del paese e l’immagine umana dell’albero
conquistato (prende i premi rimasti in palio). Con la scalata
è riconfermata ed espressa simbolicamente, attraverso la
competizione, il coraggio e la forza di un campione, la presa di
possesso ed il controllo dell’uomo sul bosco. Rotonda
(Pz) FESTA DEL PITU - SANT'ANTONIO DA PADOVA -giugno Il
rito ha quale finalità il “matrimonio
arboreo” tra un abete di più modeste dimensioni,
la “a rocca”,
ed un enorme faggio (una volta si trattava di un grosso abete,
tant’è che il dialetto locale ne conserva il
nome), “a pitu”. Nella notte tra l’8 ed il 9,
i numerosi componenti del gruppo della “rocca”, i
cosiddetti “roccaioli”, partono dalla località
Santa Maria, nei pressi del Santuario della Madonna della Consolazione,
per dirigersi verso i boschi di uno dei comuni limitrofi rientranti nel
Parco Nazionale del Pollino. L’abete
che diverrà “a rocca” era già
stato scelto la seconda domenica di maggio e nella notte tra
l’8 e il 9 giugno verrà raggiunto per essere, come
tradizione vuole, “sottratto” nel bosco di uno dei
paesi gravitanti nel Parco Nazionale del Pollino. Successivamente,
“a rocca” verrà condotta in
località “Vacquarro” dove resterà in attesa di
potersi congiungere in matrimonio col maestoso faggio, “a pitu”, e, in seguito il giorno 13, i due
alberi stretti in un definitivo abbraccio verranno issati, servendosi
di forche e corde, con il solo ausilio dei muscoli dei lavoranti, come
un obelisco davanti alla sede municipale. Contemporaneamente, altri
gruppi di persone, i “pitaioli”, nella notte tra l’8 e il 9
giugno, si dirigono verso la località dove già
dalla prima domenica di maggio era stata scelta “a pitu”, e nella mattinata del 9
l’abbatteranno, la sgrosseranno coi motosega per poi darle
l’ultimo tocco di rifinitura con le affilate accette
sapientemente maneggiate dai maestri d’ascia squadratori.
L’11 giugno, “a pitu” trainata da almeno 13 coppie di buoi, i
“paricchi”, ed “aiutata” negli
spostamenti dai “pannulari” (la “pannula” è un ramo di faggio
sfrondato dai ramoscelli e levigato, che viene usato come leva per
favorire gli spostamenti, soprattutto in curva, del grosso tronco
trainato dai buoi), in località Piano “Pedarreto”, si unisce alla
“rocca” ed insieme, accompagnate da alcune decine
di faggi, sfrondati e lisciati, “i porfiche”, trainati da uno o più buoi,
relativamente alle minori o maggiori dimensioni dei tronchi, iniziano
il “corteo arboreo” che li porterà verso
il paese tra ripetute esclamazioni di evviva e canti religiosi. Il
percorso, di circa 9 km, è un susseguirsi di canti, di
danze, di bevute di vino ed altre vettovaglie offerte a tutti a
devozione di sant’Antonio; un vero e proprio cerimoniale,
unico nel suo genere. Nel
primo pomeriggio del 12 giugno, dopo aver trascorso la nottata in
località “Puzziceddri”, gli alberi e i gruppi dei “pitaioli”, dei “roccaioli” e delle “porfiche” incontreranno nei pressi del Santuario
della Madonna della Consolazione, le autorità locali e tutti
quei cittadini e viandanti che non hanno partecipato allo svolgimento
dei festeggiamenti in montagna, per poi dirigersi verso il centro del
paese dove, nel tardo pomeriggio, alle vibrate e sentite parole del
parroco e del sindaco, per il buon andamento dei festeggiamenti e per
la immutata devozione al Santo, farà seguito
l’innalzamento a braccia, sulla piazza principale del paese,
dell’ “a pitu” (insieme al grosso albero
verrà issato, in piedi su di esso il “capurale d’a pitu” ossia la persona che per tutto lo
svolgimento della Sagra ha la responsabilità del buon
andamento del rito; esiste anche il “capurale d’a rocca”) che
l’indomani, nella mattinata del 13, verrà issata
strettamente congiunta all’ “a rocca” e,
insieme, saranno innalzate verso il cielo davanti alla sede municipale
per restarvi fino al primo sabato del maggio successivo, giorno in cui
“a pitu” e “a rocca”
verranno abbattute per far posto alle piante nuovamente scelte. Terranova
del Pollino (Pz) - festa di S. Antonio da Padova 13 giugno CALABRIA Albidona (CS),
il pino d’Aleppo è chiamato “pioca”. Nelle feste di San Michele e di
Sant’Antonio si usava tagliare un pino nei vicini boschi, il
quale veniva trasportato in paese con una coppia di buoi, e con
l’accompagnamento di suoni d’organetto e di
tamburello. Oggi, vari gruppi di giovani lo trasportano con il camion e
con il trattore, sempre con suoni, canti, balli e ...vino . Quando si
trasportava con i buoi, le donne, che si recavano pure nei boschi,
facevano fasce di “ramaglie”, se le mettevano sul
capo e giungevano in paese ballando la tarantella. La “pioca” veniva eretta nelle varie piazzette del
centro abitato, e di sera, alla fine della festa, veniva data al fuoco,
ancora con balli e canti popolari. Si diceva che la “pioca” era fatta per onorare i santi del
paese: San Michele il Protettore e Sant’Antonio da Padova. Alessandria
del Carreto (CS) festa di sant'Alessandro martire - fine aprile La
Festa della pita ha inizio una settimana prima con il taglio di un
albero alto circa venti metri. L’abete, scelto giorni prima
nel bosco di Spinazzeta, viene portato per una pista sterrata e ripida,
tramite pertiche legate al tronco con “tortiglie”
di pruno selvatico, da circa 70 tiratori, mentre gruppi di ragazzi
suonano strumenti musicali, ballano ed altri offrono e bevono bicchieri
di vino. Il giorno della festa l’albero viene issato al
centro della piazza e sulla cima vengono attaccati cibi, oggetti di
valore, capretti e dolci. Nel pomeriggio si svolge la festa con la
salita sull’albero da parte di volontari. Il successivo
abbattimento dell'albero secondo la tradizione locale permette la
fuoriuscita dello spirito arboreo che si diffonderà per i
campi e li renderà fertili. Bocchigliero della Sila i maji - Festa di san Rocco (21 agosto) e della Madonna deJesu (5 agosto). La pianta di un giovane pino privato
completamente della corteccia, i cui rami vengono sistemati a forma di
sfera, una sull'altra, fino alla cima. Vengono rivestiti ed addobbati
abbondantemente di biscotti e di mostaccioli fatti in casa. Un tempo si
usava mettere anche un gallo in cima, o forme di animaletti in pasta di
caciocavallo. A Martone calabro per la festa di san Giorgio si innalza a 'ntinna, alto albero di faggio, viene addobbato di salami,
formaggi e dolci (sguti) a forma rotonda con un uovo bollito messo nel
centro. Tipico dolce calabrese utilizzato nel periodo pasquale. Venerdì
notte in un susseguirsi di festa, e di gioia, quasi tutto il paese si
porta in montagna ad assistere all'abbattimento dell'albero di faggio.
Verrà poi trasportato in paese da due buoi, dove il sabato
mattina avrà l'incontro con san Giorgio che esce dalla sua
Chiesa per essere collocato nella Chiesa Matrice. Sabato sera dopo
essere stata addobbata e sul punto più alto collocato un
ramo di pino, verrà issata. Una specifica
ritualità accompagna lo sforzo di diecine di persone che con
le funi innalzano a 'ntinna. Fino a pochi anni fà intrepidi ragazzi facevano a gara a chi riuscisse a
salire fino al punto più alto (mediamente 25/26 metri). CAMPAGNA La
tradizione del majo si ha nell’avvellinese il 30 novembre a Sirignano in occasione della festività del patrono
sant’Andrea Apostolo; il 17 gennaio a Quadrelle (festività di
sant’Antonio Abate); il 20 febbraio a Sperone
(festività del patrono sant’Elia Profeta). A Baiano per il Natale e Santo Stefano In ciascuno di questi
paesi la festa ha ritualità specifiche. Ad Avella durante la settimana di Carnevale le vie del paese
di diventano teatro dell'esibizione di cantanti locali, che intonano
composizioni tradizionali. Oltre alla “Canzone di Zeza” e “E mise”
c’e “Lu laccio d'ammore” che viene intonata per le strade di Avella nei giorni del Carnevale, e anche detta Ballintrezzo (una tradizione comune a diverse
località campane). Un grande palo, sorretto da una persona,
viene eretto nella Piazza. Attorno ad esso danzano i partecipanti. Il
palo e detto Maio. Il ballo consente, come era costume nei tempi
antichi, la partecipazione ai soli uomini: quindi dei 24 danzatori, 12
sono vestiti da donna. Il
1° maggio a Nocera Superiore si rivive l'antica festa del Majo a ricordo e rivisitazione di una antica disputa tra
la città e Roccapiemonte. Il corteo storico parte nel pomeriggio dal
battistero di Santa Maria Maggiore, recando il majo, l'alberello infiocchettato simbolo della
ritrovata concordia da rendere in omaggio alla Madonna di Materdomini. Nella piazza del santuario si incontreranno i
cortei di Maria Montella, Bibliografia: I Mai del Baianese di Galante Colucci Roccapiemonte e della Confraternita del Santo Rosario e, tutti
insieme, partecipano alla cerimonia religiosa nella basilica. A Castel San Giorgio (SA) il 12 maggio si festeggia il patrono san
Pancrazio e si realizza il Biscotto del Maggio. Il giorno prima della
ricorrenza si porta in piazza l'albero della cuccagna o albero del
Maggio e lo si posiziona per i giochi del giorno successivo. Questa
operazione avviene secondo schemi ben precisi e si chiama "Arzatadel Maggio". Il giorno dopo, secondo quanto stabilito
da un antico statuto, solo al termine dei festeggiamenti religiosi si
può dare inizio alla "Rancata del Maggio" cioè al gioco dell'Albero
della Cuccagna (c'e un detto popolare che recita: "Nessuno rancasse sul maggio sin che 'l santo nun e rentro in chiesa"),
alla tombola e ai fuochi d'artificio. In occasione della festa la
piazza viene abbellita con dei pali ricoperti di bosso. Gli
storici locali sostengono che la “festa del Maggio”
esisteva a Castel Giorgio fin già da qualche anno prima
del 1624 risultando ciò da documentazione di archivio ed
intendendo per “festa del maggio”, soprattutto il
“solito palo”. Il Bando documentale disponeva
appunto che il “solito Magio” doveva essere
piantato [e non alzato], solo dopo l’arrivo della processione
e solo dopo che il “Signore”, [figura che
sarà sostituita dall’attuale Festarolo del Maggio], dei Bifolci [agricoltori del contado], aveva portato il solito
Cero in Chiesa. Si sostiene che nel contesto del periodo napoleonico e
con il cambiamento della nuova borghesia agraria, anche la festa del
Maggio cambia e si trasforma probabilmente in quella attuale e
cioè l’ arzata la sera dell’11 maggio [vigilia] e la rancata il 12 maggio. |
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IL MAGGIO A cura di Cattia Salto (aprile 2013) FONTE L'uomo
e gli alberi, i rituali del Palo di Gabriele Tardio (siglato con GT) |