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RITI DI PRIMAVERA

arbor.gifIL MAGGIO

Introduzione

Tradizione Nord-Italia

Tradizione Centro-Italia

Tradizione Sud-Italia

I MAGGIANTI

LA BADOCHE

La tradizione vuole che il rito sia nato a La Salle (per la celebrazione del Santo Patrono, il 13 agosto) è una tradizione che si festeggia anche a Morgex nel giorno dell‘Assunzione (15 agosto), a La Thuile alla Traslazione delle reliquie di San Nicola (9 maggio), a Pré-Saint-Didier a San Lorenzo (10 agosto) e in alcune frazioni di questi paesi dellaValdigne “Badoche” di Mariella Pintus in La Veillà Du Val D'Aoste. 

L’origine della “Badoche” risale ad epoche remote, si dice ai riti celtici propiziatori, ma è ancora viva in molte località della Valle (una descrizione interessante e vivace possiamo trovare nel romanzo “Ours Thibaut” dello storico e folclorista Tancredi Tibaldi – 1851/1916). 

Il “Badocher” o “Cerimoniere” viene scelto tra i giovani del paese in base alla sua posizione di promesso sposo e sarà lui ad organizzare tutti i preparativi e la giornata vera e propria della festa. Dopo la sua incoronazione egli sceglierà una compagna fra le ragazze, “la badochère” e seguiti da una schiera di giovanotti, faranno il giro del paese, per la questua. Entrambi portano sul capo dei curiosi copricapo ornati di fiori e fiocchi coloratissimi. Simbolo del Cerimoniere era un tempo, una ramo di alloro o di pino sormontato da un cerchio al quale erano appesi nastri multicolori e alla cui sommità era infilata una mela o una pera nella quale si conficcavano monete d’oro secondo un rituale celtico ben attestato nella vicina Savoia. Attualmente l’insegna del “badocher” è l’alabarda che consiste in un bastone con tre punte ornato di nastri di seta e di fiori multicolori. In alcuni casi, al posto del frutto, le monete vengono infisse in una forma di pane nero e al posto del canestro vi è un piatto anch’esso ornato di nastri. Il giorno della festa del Santo Patrono, all’alba, al suono degli spari dei fucili, il “badocher” e tutto il suo seguito di giovani e suonatori di fisarmonica (o altri strumenti della tradizione) cominciano le “albate” come sono chiamate le soste davanti alle case dei maggiorenti o di coloro che sono stati più generosi con le offerte.
Terminate le visite gli uomini si recano nel bosco dove il giorno prima era stato abbattuto un altissimo abete che viene sfrondato mantenendo soltanto la parte apicale che sarà decorata con fiocchi e ghirlande. La brigata dei giovanotti si carica il tronco sulle spalle mentre il “badocher” vi si mette a calvacioni e impartisce ordini a destra e a manca, incitando a fare in fretta. Accompagnati da marcette, finalmente giungono sulla piazza principale del paese dove è stato scavato un buco profondo nel quale innalzare il “Maggio”. 

badoche.jpgAttorno al palo hanno subito inizio le danze aperte dai due cerimonieri che dopo la loro breve esibizione vanno a prendere posto sul trono che è stato preparato per loro.
In sequenza, invitati dal “badocher”, arrivano sul luogo: il sindaco, i maggiorenti, i munifici donatori e via via tutti i giovani; seguono gli sposi novelli e quelli più vecchi ai quali è riservato l’ultimo ballo della ronda finale. Mentre gli adulti ballano seguendo percorsi ondulati, incrociandosi, formando cerchi, i ragazzi più giovani accatastano intorno al “pale del maggio” paglia, rovi e rami profumati di resina.
Il compito di accendere il fuoco spetta al Cerimoniere ma tutt’intorno, al calar della notte si accendono altri roghi festosi. Ha ragione Tersilla Gatto Chanu quando parla di riscontri in tutta Europa per questo tipo di manifestazione infatti la simbologia della “badoche” sta in questi rituali che vedono maggior libertà di comportamenti fra gli individui, mentre nell’erezione del “mai” possiamo intravvedere le prove iniziatiche degli adolescenti in tempi lontani. In alcuni luoghi si depongono all’alba, dei fiori sulla tomba di un “badocher” morto, un atto di omaggio al mondo superiore, al mondo altro. Il rogo finale comunque è, come per tutte le altre cerimonie celtiche, un rito di purificazione e di rigenerazione legato ai passaggi della natura.

 

Badoche di La Salle

 Badoche di Morgex



IL CANTAR MAGGIO

Nei rituali di primavera del mondo contadino gruppi di questuanti (maggianti) andavano di casa in casa per cantare il Maggio. Caratteristica un tempo in tutto l'Astigiano, il Monferrato e le Langhe era la questua femminile del Cantè Magg, quando gruppi di ragazzine portavano in processione l’erburin (l'alberello) e/o una bambolina adornata con fiori: di casa in casa intonavano strofe che annunciavano il ritorno di maggio e in cambio dei doni (per lo più uova) ringraziavano con le strofe benaugurali.
Alla regina del Maggio si univa anche un Re del Maggio e la coppia di bambini era detta gli "Sposini": la Dea Fanciulla e l'Uomo Verde riuniti per rinnovare la vita e la fertilità della Terra.continua

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Mentre la questua quaresimale delle uova era riservata ai giovanotti la questua del Maggio era prerogativa delle fanciulle. La questua si svolgeva la mattina (o nel primo pomeriggio) del primo maggio: la Sposa di Maggio con le sue ancelle girava per il paese chiedendo le offerte (sia uova che danaro). L'usanza si è interrotta in molti paesi tra la prima e la seconda guerra mondiale ed è stata ripresa intorno agli anni 60-70. 

ASCOLTA, un paio di canti dalla tradizione del Monferrato continua

PIANTE' MAGG

Nell'area delle Langhe, Roero e Monferrato l'innalzamento dell'albero in piazza era prerogativa dei giovani di sesso maschile che provvedevano anche a omaggiare le ragazze con rami e fronde verdi che fissavano alle finestre delle loro case.

ROERO

FRAZIONE SAN GIUSEPPE DI SOMMARIVA PERNO (CN).

Il rito, reintrodotto dall'Ecomuseo delle Rocche del Roero secondo l'antica tradizione, consiste nella ricerca nella notte del 30 aprile di un pino bello dritto da parte dei giovani del paese (i coscritti): il pino tagliato (detto pess-ra), privato della corteccia e dei rami e fin quasi alla cima è addobbato con fiori e nastri (vestizione del maggio).Innalzato nella piazza antistante la Chiesa, il tronco rimane a protezione e beneficio della borgata fino al suo abbattimento.

 

CONTRADA SAN ROCCO DI MONTALDO ROERO (CN)
Viene abbattuto l'albero del Maggio (il più alto e possente pino) nei boschi. Il corteo dei borghigiani  scorta il tronco fino in paese, accompagnato dalla questua del ≪CantèMagg≫ delle donne e dalle musiche delle fisarmoniche. Nel pomeriggio la festa prosegue con l'innalzamento del Maggio nella piazza davanti alla Chiesa (dopo aver decorato la cima con fiori, nastri colorati e il fantoccio di un cane, simbolo del santo patrono). Il 16 agosto, il maggio sarà messo simbolicamente all'asta. In passato, chi si aggiudicava il Maggio lo utilizzava come palo di testa nella vigna o come trave portante di una casa.


IL CARLIN DI MAGGIO

QUATTRO PROVINCE

Con questa tradizione siamo invece nel Maggio, il Carlin di maggio (personificazione del Calendimaggio) passa di casa in casa con il suo gruppo di cantori e musicanti per annunciare la venuta della Primavera, portare gli auguri di felicità/prosperità e fare una questua.

Gh'é chi l'Carlin di maggio
con l'erba e con la foglia,
la rosa e la viola...

La zona in cui è diffusa questa tradizione è quella delle Quattro Province - area omogenea per conformazione e cultura (Alessandria - Pavia - Piacenza - Genova) dove si cerca di preservare il grande patrimonio di canti tradizionali della tradizione contadina.


Il rituale è ancora vivo sull'
appennino pavese e piacentino a Marsaglia un paese nel comune di Corte Brugnatella (Pc) nella val Trebbia ha inizio la sera del 30 aprile, o meglio nel tardo pomeriggio, fino a notte fonda (le tre o le quattro del mattino)! La gente si raduna nella piazza del paese per formare il corteo dei canterini e dei musicisti, seguiti a ruota dagli abitanti del paese (e dai foresti cioè quelli che vengono da fuori) e passa di casa in casa fino alle frazioni sparse e alle cascine più isolate. Un tempo questa brigata di allegri festanti era composta esclusivamente dagli uomini, mentre le donne in attesa di maritarsi stavano nelle case ad aspettare l'arrivo dei .. corteggiatori.
L'albero simbolo del Carlin non è il biancospino (non ancora fiorito) ma il Maggiociondolo dai caratteristici fiori gialli ricascanti a grappolo e il giallo e il verde sono nel tempo diventati i colori dominanti della festa, ricorrenti nei vestiti dei questuanti.


ASCOLTA Carlin di Maggio - Il  canto della zona è di tipo polifonico (ricorda i canti degli alpini per intenderci) continua

GALINA GRISA

OLTREPÒ PAVESE

In alcune località dell'Appennino pavese e piacentino sono sopravvissuti fino ad oggi alcuni rituali tradizionali del periodo pasquale/primaverile: si tratta della galina grisa e del Carlin di maggio (o Santa croce), manifestazioni legate alle scadenze calendariali del mondo contadino la cui odierna diffusione può essere rilevata nella zona del Brallo, nella val Tidone e nella media val Trebbia.

Le due manifestazioni, che oggi appaiono sostanzialmente simili nello svolgimento, differiscono innanzitutto per la loro collocazione calendariale: la galina grisa viene comunemente eseguita il sabato precedente la Pasqua mentre il Carlin di maggio può essere eseguito nella notte tra il 30 aprile e il 1' maggio oppure il giorno seguente o, come avviene a Còlleri (frazione del comune di Brallo di Pregola) il 3 maggio, per festeggiare non più il calendimaggio bensì, o anche, la Santa croce.

 

maggioferriere2.jpgNella zona del passo del Brallo era un tempo presente un gruppo, territorialmente omogeneo, di riti del calendimaggio che, essendo celebrati nella notte fra il 2 e il 3 di maggio, festa di santa Croce, venivano per tale motivo chiamati la Santa croce.

Di questi ultimi, sembrano essere stati di un certo interesse quelli che si svolgevano a Colleri e a Feligara, due paesi con una forte tradizione di canto dove la Santa croce, rimasta in funzione fino alla fine degli anni Settanta, veniva eseguita da due gruppi di cantori che si davano risposta e venivano solitamente accompagnati da suonatori di piffero e fisarmonica. La parte centrale dei rituali è rappresentata dall'usanza di eseguire canti di questua e giova ricordare come il binomio di canti Pasqua/calendimaggio trovi analogie in altre zone del nord Italia come ad esempio la collina piemontese, il cui modello "questua delle uova" corrisponde esattamente a quello che nell'Oltrepò pavese viene chiamato "la galinagrisa".

Per quanto riguarda invece il canto del Carlin di maggio esso appartiene alla famiglia del cosiddetto "magico lirico profano" che dai laghi Cusio, Verbano e Ceresio si estende lungo tutto l'Appennino settentrionale fino ad incontrare gli altri tipi di maggi(drammatico, lirico sacro) della montagna tosco-emiliana per riprendere poi la sua presenza nell'Appennino centrale

il maggio di Cicogni 
il maggio di
 Marsaglia 
il maggio di
 Tornarezza

Nel comune di Cogorno, a Pànnesi e Costa di San Salvatore [...] il maggio veniva cantato il primo giorno del mese; la struttura della rappresentazione era articolata in due gruppi (i maggianti) che si alternavano nel canto delle strofette (botta e risposta). Alla Costa di San Salvatore troviamo una esecuzione di trentaquattro terzine con l'accompagnamento strumentale di flicorno, cornetta e fisarmonica. [...] Dalla parte opposta del fiume Entella troviamo le colline di Chiavari, qui individuiamo due maggi, quelli di Ri e di Leivi. Talvolta rappresentati da gruppi diversi ma con la stessa lezione. [...]

A Santo Stefano d'Àveto cambia l'impianto melodico e la terzina, che costituisce la strofa, vede ripetuto l'ultimo verso. Il testo narrativo appare più scarno e privo dei riferimenti lirici ottocenteschi riscontrati nelle lezioni precedenti. Nel maggio di Santo Stefano troviamo versi e due strofe interamente in idioma locale. Questa lezione veniva cantata dai maggianti che, partendo dal capoluogo, Santo Stefano, si portavano nelle frazioni percorrendo le mulattiere e raggiungevano Allegrezze e Villa, da un lato,Pievetta e Alpepiana, dall'altro versante. [...]

Ancora un salto nel nostro viaggio tra le valli e i monti dell'Appennino ligure: ci portiamo a Sopralacroce, ad ovest del monte Ghiffi. Nei tempi passati, i canta maggio partivano dal borgo di Sopralacroce e si portavano sino a Perlessi, Valle Cianna, Zanoni, cantando le strofe e questuando. Oggi il maggio di quest'area vive in modo sporadico, pur mantenendo la sua forma. Una particolarità è l'uso di una buccina ricavata dalla corteccia di castagno. Nei giorni precedenti l'evento, si raggiungono i boschi e, opportunamente, si sfoderano pezzi di corteccia che, innestati, daranno forma ad un lungo corno

(Tratto da http://www.appennino4p.it/maggio)

IL MAGGIO IN LOMBARDIA

SAN PELLEGRINO TERME (BG)

La tradizione vuole che la manifestazione dell'alzata del pioppo dedicato a S Pellegrino si tenga sempre tra il 30 Aprile ed il 1° di Maggio di ogni anno: si tratta di una leggenda che ha come personaggio principale un palo di pioppo (simbolo di abbondanza e di unione). Si dice che ogni contadino che farà tagliare un albero di pioppo nelle sue terre, avrà un anno molto fortunato.

I maggiaioli procedono con il taglio dell'albero che poi viene messo su un carro e portato in paese tra fuochi pirotecnici. Successivamente viene tolta la corteccia all'albero e si procede con l'alzata del palo utilizzando un macchinario apposito.

Questo palo (chiamato Maggio) viene mantenuto issato fino al mese di giugno nella piazza del paese.

Il forte sentimento popolare nei confronti della tradizione ha fatto sì che anche durante gli eventi bellici dello scorso secolo, l'alzata del pioppo non venisse dimenticata mai. In tali occasioni, le donne di S Pellegrino hanno provveduto a fare in modo che anche negli anni più tragici della storia del nostro paese il rito si rinnovasse.

 

PONTE NOSSA (VAL SERIANA, BG) 25 aprile

L’etnologo Italo Sordi sottolinea che la peculiarità della cerimonia di piantamento dell'albero di Maggio "si concreta in sostanza nella dimostrazione da parte di un gruppo di giovani di fronte alla comunità di saper compiere con eleganza e sicurezza un lavoro particolarmente difficile, faticoso, pericoloso." Il 25 aprile avviene il taglio del mazzo. La mattina gli organizzatori, accompagnati da ragazzi e bambini, si recano in camion ad abbattere la pianta. La pianta scelta deve essere alta e pesante fino a 6 o 7 quintali per 10 metri di altezza. L’albero viene abbattuto con cautela per non danneggiarne la chioma, mentre i rami più bassi vengono tagliati. Caricato sul camion il mazzo è condotto ai limiti del paese dove i bambini ed i ragazzi addobbano l’albero con festoni colorati o fiori.
La banda musicale intona ≪la canzone del mazzo≫: il corteo percorre la via principale del paese fino alla chiesa presso la quale viene benedetto. Sulle note della canzone il carro seguito dai ragazzi e dai bambini lascia il paese e si dirige verso l’altro versante della valle. Qui l’albero viene scaricato e depositato in un prato mentre i bambini lo spogliano degli addobbi.

La vigilia del primo maggio gli uomini della Società del mazzo effettuano una questua nel paese (salame, formaggio, pane, vino) da distribuire il giorno seguente ai ragazzi partecipanti alla vera prova: il trasporto faticosissimo dell’albero sul Monte Guazza. Bisogna trasportare a braccia l’albero sul monte e piantarlo in un foro già esistente sullo stretto spiazzo di roccia che costituisce la cima. In realta e un’operazione difficilissima: il fianco della montagna e ripidissimo e deve essere affrontato nella linea di massima pendenza. Occorre dunque forza fisica, coraggio, padronanza tecnica, perfetta coordinazione di movimenti, estrema attenzione e sincronizzazione. Anche l’operazione di innalzamento e piantamento del mazzo. questa operazione e complessa ed eseguita in diverse operazioni con corde e nodi. L’albero rimane sulla cima del monte in posizione ben visibile dal paese fino al 1 giugno, quando viene bruciato.


FONTANELLA GRAZIOLI (BS)
Presso la Pieve della Malongola (sec. XII) si ripete l'antica tradizione dell'innalzamento del "Maggio" altissimo. La tradizione vuole che i giovani del paese rubino nella notte un albero altissimo per farne dono simbolico alla “Madonna della Malongola”, un piccolo santuario posto ai margini del borgo.

TRATTO DA L'uomo e gli alberi, i rituali del Palo di Gabriele Tardio

IL MAGGIO IN FRIULI

Da un certo numero di anni, in alcuni comuni della provincia di Trieste è rientrata in uso l'antica tradizione dell'albero di maggio per festeggiare l'arrivo della primavera.


Anche a Muggia, come documentato da diversi storici e studiosi di tradizioni popolari, era in uso festeggiare il maggio. Jacopo Cavalli che si interesso delle tradizioni di Muggia e dell'Istria, scriveva in un suo saggio che "una volta, il primo di maggio, si piantava davanti alla porta del Podestà. Esso era un albero grande, che arrivava fino al balcone del palazzo. Sui rami erano appesi aranci, limoni, carrube… L'albero stava in quel posto fino al giorno dopo, perche c'era qualcuno che faceva la guardia. L'indomani si tirava giù la roba appesa e la si portava al Podesta,mentre l'albero restava la ancora per due o tre giorni.." (Jacopo cavalli, 1893, Reliquie Ladine, raccolte a Muggia d'Istria).

Come afferma Livia Roncalli Stener nel suo articolo sulle antiche tradizioni di Muggia d'inizio estate, l'usanza dell'albero di maggio era diffusa anche a Trieste, infatti anche Attilio Hortis, sostiene che i "maggi" erano di solito piantati davanti alle case dei cittadini più importanti della città.


Dolina e un paese sloveno di antiche origini nei dintorni di Trieste, dove si tiene ogni prima domenica di maggio la festa majenca. Anche altre località slovene conoscono l'usanza di innalzare l'albero di maggio. Ma la majenca di Dolina ha un rituale diverso. Il maj e il più possente tra gli alberi di maggio; centro di tutto e un tronco di abete di quindici metri, su cui troneggia una chioma di ciliegio; sotto ad esso si tengono balli per giovani e meno giovani, con interessanti mostre ed eventi culturali.


TRATTO DA L'uomo e gli alberi, i rituali del Palo di Gabriele Tardio

 

(Cattia Salto 2012- aggiornamento aprile 2013 e 2015)

 

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